«Anziché chiedere qualcosa Renzi dovrebbe andare avanti indipendentemente dalle valutazioni della Commissione Ue, anche perché l’unica arma di Bruxelles sono le procedure d’infrazione». Lo rimarca Antonio Maria Rinaldi, professore di Economia politica all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e alla Link Campus University di Roma. Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha annunciato nuovi tagli delle tasse, anche in deficit, giustificati dalla “deflazione impressionante”. Nello stesso tempo il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha sottolineato: “La spesa pubblica è stata tagliata per 25 miliardi. È stato tagliato talmente tanto che è difficile andare oltre”.



Professore, ritiene che la Commissione Ue concederà all’Italia nuovi margini di flessibilità sul deficit?

Non sono in grado di valutare se la Commissione Ue darà o meno corso alle istanze di Renzi. Una cosa è certa: la Commissione stessa si è sostituita di fatto alla determinazione della politica economica di alcuni Paesi, a cominciare dall’Italia. Mentre altri Paesi come la Francia, che hanno un potere contrattuale ben più forte del nostro, riescono a chiedere e a ottenere ciò che vogliono. Non a caso la Francia sfora il rapporto deficit/Pil del 3% così come la Spagna e il Portogallo. Non credo quindi che il nostro Paese riuscirà a incassare un parere favorevole di Bruxelles.



Renzi fa bene a tentare comunque di seguire questa strada?

Anziché chiedere qualcosa Renzi dovrebbe andare avanti indipendentemente dalle valutazioni della Commissione Ue, anche perché l’unica arma di Bruxelles sono le procedure d’infrazione. D’altra parte sappiamo che in Europa si agisce sempre con due pesi e due misure. Da otto anni la Germania sfora i parametri europei sulla bilancia dei pagamenti, eppure nessuno dice nulla. Se quindi Renzi reputa che il taglio delle tasse sia per il bene del Paese, lo deve fare e basta.

Comunque vadano le cose, un taglio delle tasse dell’1% del Pil basterebbe a rilanciare la domanda interna?



Ci vorrebbe ben altro, ciò che occorre è finanziare la spesa pubblica in deficit. Mentre promette tagli delle tasse da “zero virgola”, Renzi poi si mette sull’attenti perché sa benissimo che la Commissione Ue ricorrerà a dei ricatti sul debito pubblico e sullo spread. Il fatto è che Renzi in Europa non gode di alcun tipo di considerazione e di forza, perché sa benissimo che da Bruxelles partiranno subito delle rappresaglie. Il nostro premier chiede quindi ogni volta all’Europa se è possibile avere nuova flessibilità, fornendo delle giustificazioni, sapendo benissimo che la commissione Ue gli dirà di no.

Lei non ritiene che all’Italia convenga comunque essere prudente dal punto di vista dei conti pubblici?

No. Sappiamo bene che siamo in deflazione, e quindi di problemi inflazionistici non ce ne sono. Anzi saremmo ben contenti di ricominciare a rivedere un po’ di inflazione. D’altra parte l’obiettivo della Bce è quello di riportare l’inflazione vicino al target del 2%. Oggi siamo sotto quota zero e quindi di spazio ce n’è tanto.

Anziché fare deficit, non sarebbe meglio tagliare la spesa pubblica?

La spesa italiana è già notevolmente compressa. A meno che vogliamo ulteriormente tagliare pensioni, servizi sociali e spesa sanitaria. È una cosa che si può fare, poi però bisognerà pagarne le conseguenze. Possiamo anche essere insensibili nel vedere la gente morta per strada, ma mi domando se l’obiettivo del nostro governo sia quello.

 

Che cosa rischiamo?

Se continuiamo con i tagli arriveremo al livello della Grecia. E mi piacerebbe sapere se la Commissione Ue auspichi che l’Italia si avvicini agli standard di Atene con tagli lineari della spesa. Il governo però poi sarà responsabile per non avere preso posizione e per non avere fatto determinate scelte in modo autonomo.

 

Quali sarebbero le conseguenze di uno scontro tra il nostro governo e Bruxelles?

Se l’Europa ci dà delle regole che sono contro gli interessi del sistema-Italia, è più che giusto e legittimo non rispettarle. Se poi ci saranno ritorsioni da parte delle istituzioni europee, con pressioni sul fatto che aumenta il debito, questo documenterà ancora una volta che il governo italiano non ha quell’autorevolezza per potersi imporre.

 

(Pietro Vernizzi)