Sulla questione bancaria il governo fa sul serio, serissimo, anzi no: forse. Ha posto una fiducia più guardinga che minacciosa sul decreto-banche, comunque strana: nei fatti serve a proteggere i troppi pasticci politici combinati da Palazzo Chigi sulla riforma del credito cooperativo, con qualche emendamento di troppo a favore di alcune Bcc toscane.



Ha fatto la voce grossissima – il premier Matteo Renzi – sul progetto di fusione Banco Popolare-Bpm, in direzione dell’Europa perfida di Francoforte e Bruxelles. Ma il progetto – ordinato “sul bagnasciuga” ai due consigli d’amministrazione – ieri è stato bocciato dalla Borsa: dal maxi-aumento di capitale imposto dalla Bce a Verona non si è potuto sgarrare di un euro, a dispetto dei proclami stentorei del premier. E chissà che merci di scambio potrà chiedere Mediobanca per aver pre-garantito nell’arco di un fine settimana il miliardo indispensabile al Banco, tutto e subito.



Non soddisfatto, Renzi ha convocato a sorpresa un consiglio dei ministri per il venerdì santo – senza i giornali in edicola alla mattina – per rompere i cordoni della borsa e rimborsare “tutto a tutti e subito” le perdite causate dal dissesti di Banca Etruria e delle sue sorelle (Marche, CariFerrara, CariChieti). Ci aveva provato pochi giorni dopo la fatale domenica delle risoluzioni di novembre: dopo il suicidio di un pensionato che aveva investito i suoi risparmi in obbligazioni subordinate della banca aretina. Era stato fermato, il premier, da obiezioni di ogni genere: dalle accuse di populisimo anti-grillino, di violazione palese dei principi e delle normative poste a confine fra Stato e mercato, non ultimo di conflitto d’interesse verso una situazione già allora evidente e imbarazzante (la presenza di Pier Luigi Boschi come vicepresidente nell’Etruria fallita). L’ormai canonico “se l’avesse fatto Berlusconi” era risuonato ricordando come neppure di fronte ai crac Cirio e Parmalat – con molte decine di migliaia di risparmiatori colpiti – il governo di centrodestra avesse mai pensato a rimborsi a piè di lista a carico dei contribuenti.



La foglia di fico inventata in fretta e furia da Renzi aveva le sembianze del super-commissario anti-corruzionei Raffaele Cantone: l'(ex) magistrato anti-camorra reinventato da Renzi come fixer, controfigura italiana del produttore-aggiustatutto di Hollywood protagonista di “Ave Caesar”, l’ultimo capolavoro dei fratelli Cohen. Avrebbe dovuto essere Cantone “l’arbitro” – per metà pretore di provincia, per metà proboviro di bocciofila – incaricato di stabilire “caso per caso” quali obbligazionisti di Banca Etruria meritassero una brioche dal governo Renzi-Boschi. A patto – naturalmente – che la smettessero di dar noia alla famiglia Boschi: magari come qualche “olgettina”, tacitata peraltro (si dice) con soldi privati, non per decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri con quattrini pubblici.

A quanto risulta all’alba di venerdì 25 marzo 2016, l’intervento di Cantone è stato “superato dagli eventi”, ma i 300 milioni di conto in brioche saranno (più o meno) regolarmente saldati dalla Presidenza del Consiglio, ad personas per gran parte al collegio elettorale del ministro Boschi. il cui padre è da alcuni giorni indagato per bancarotta fraudolenta nel crac Etruria. Ma il punto non è (solo) questo.

Il punto è che ogniqualvolta quando un governo si mette a giocare disinvoltamente con i quattrini che i cittadini-risparmiatori hanno affidato alle banche vuol dire che la salute della democrazia reale è a rischio. La “dazione ambientale” che il governo si appresta a garantire a ristoro dei risparmiatori truffati dell’Etruria (e il reato di truffa andrebbe regolarmente inquisito dalla Procura locale) sembra l’opposto del “prelievo ambientale” del 6 per mille che il governo Amato decise in una notte nel 1992 sui risparmi che tutti gli italiani detenevano in conto corrente. In realtà è sintomo di una stessa patològia dello stato di diritto: lo stato delle Banana Bank e dei Robin Hood della Valdarno.

(P.S.: Renzi è davvero convinto che i soci di Banco Popolare, Popolare di Vicenza e Veneto Banca siano più incentivati a versare 3,7 miliardi di capitali freschi per risanare le loro banche dalla prospettiva che, alla peggio, lo Stato rimborserà tre mesi dopo pronta cassa?)

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