L’offerta del fondo Apollo per Carige fa discutere. Piazza Affari ha alla fine premiato la notizia con un +4,8% per Carige in chiusura (picco di +9%) in una giornata incolore per Piazza Affari e debole per il segmento bancario. E questo nonostante alcuni – come quelli di Banca Akros – si siano detti subito scettici sull’effettiva realizzabilità del piano, mentre alcuni hanno sussurrato di “offerta civetta”.



Quel che è certo è che Apollo ha calato sul tavolo del complicato riassetto bancario italiano una carta di ingegneria finanziaria nuova e focalizzata: l’acquisto di non performing loans (Npl, sofferenze creditizie) di una banca in difficolta, abbinato a un aumento di capitale che ne compensi le perdite, realizzando nel contempo un passaggio di proprietà allo stesso compratore. Ma la notizia fa discutere anche perché la tecnicalità sembra tagliata per risolvere altre crisi bancarie italiane anzitutto quelle già” maturate presso Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. Su queste lo stesso Fondo Apollo avrebbe anzi avanzato, secondo i rumor, una distinta offerta di acquisto in blocco: anche se mancano dettagli sull’applicazione dello stesso format, laddove le quattro banche “risolte” sono già state scisse in bad bank (riempite di Npl) e new bank ricapitalizzate dal sistema creditizio nazionale.



Di questi giorni sono anche le più insistenti voci di difficoltà crescenti per i due aumenti-salvataggio di Popolare di Vicenza (1,7 miliardi) e Veneto Banca (1 miliardo). È tuttavia evidente che – a parte Carige e le Popolari del Nordest – al centro dei riflettori resta la crisi Mps (non a caso oggetto di una recentissima “profezia” del presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti, a proposto di “soluzioni in arrivo” per Siena e Genova). Non sorprende neppure che, alla vigilia di Pasqua, governo e Bankitalia abbiano segnalato voler precisare meglio soggetti e regole per un “valutazione indipendente” (cioè fair, corretta) degli Npl da smaltire presso le banche italiane. Il valore di uscita degli Npl è ovviamente decisivo – nel “format Apollo” per misurare l’impatto dello swap fra pulizia del bilanci bancari e cambio degli assetti proprietari delle banche stesse, via diluizione. Ed è questo un profilo che non è più esclusivamente tecnico ed emerge invece squisitamente politico, ponendo una questione più generale: il “format Apollo” è davvero la soluzione a miglior combinazione prezzo/efficacia (tutti gli aspetti considerati) per la messa in sicurezza delle banche italiane? I critici  del “format Apollo” segnalano che il compratore si offre di “aggiustare un problema” del sistema bancario italiano in cambio di due opportunità di profitto: la gestione successiva di Npl comprati a prezzo di realizzo e – soprattutto – la rivendibilità della stessa banca, pure acquisita a prezzi ultra-scontati.



Non meno rilevante elemento di riflessione – su questo sfondo – è che, a quanto si è appreso, la vigilanza Bce sta attivamente premendo sul Cda di Carige perché quanto meno esamini l’offerta Apollo. Carige – oggi una Spa quotata – tiene proprio domani la sua assemblea annuale, attesa a un chiarimento sui pesi azionari e quindi sulla governance. La formazione principale, forte del 19,5% del capitale attuale, fa capo al gruppo industriale genovese Malacalza e alla Fondazione Carige, ormai ridotta a un ruolo marginale da ex azionista di controllo.

A dieci giorni dall’assemblea del Banco Popolare, alla cui vigilia la Bce ha ricordato perentoriamente la necessità di un rafforzamento patrimoniale in vista della possibile fusione con Bpm, Francoforte torna dunque a dettare le regole del risiko bancario italiane: anche quando un grande fondo di private equity muove su una banca quotata con strumenti di mercato. È naturalmente un fatto, non un giudizio: così come la tirata d’orecchie giunta proprio ieri da Francoforte al governo Renzi sugli strani ammorbidimenti finali decisi da Palazzo Chigi alla riforma delle Bcc.

La possibile offerta in blocco di Apollo per le quattro banche risolte sembra fra l’altro confermare che – al momento – rimane la scadenza originariamente concordata al 30 aprile, fra Roma, Bruxelles e Francoforte, riguardo il ricollocamento finale delle banche. Non stupisce, anzi, che una manifestazione d’interesse con molte caratteristiche di “garanzia” provenga da un fondo gestito da Andrea Moneta: ex top manager di UniCredit, per anni collega di Roberto Nicastro, quadri-presidente delle banche risolte.

È presto per pronosticare la fine della partita Apollo-Carige. Però da ieri il riassetto bancario italiano ha visto un giocatore impostare uno schema diverso, mai visto prima. Non è ancora chiaro “a favore di chi/cosa” e/o “contro chi/cosa” stia giocando: anche sui media di ieri campeggiavano nuove voci e ipotesi sulla nascita di un super-veicolo fatto da Cdp, Fondazioni e investitori privati per una sistemazione ampia della crisi bancaria italiana. Ma tutto promette di diventar chiaro in fretta.