La crescita dell’economia italiana è poca, ma ogni giorno più solida. La riparazione del sistema bancario è ancora in corso, ma certa. Gli investimenti pubblici sono molto minori del necessario, ma cominciano a muoversi. I consumi sono ancora a livello insufficiente, ma stanno salendo in parecchi settori. Le tasse sono sempre insostenibili, ma appare più credibile che nel passato, per motivi di necessità oggettiva, la volontà politica di ridurle. Veri tagli alla spesa pubblica improduttiva o la sua riorganizzazione più efficiente ancora non si vedono, ma è osservabile la crescente consapevolezza della politica che tali azioni vadano fatte sul serio. In sintesi, il sistema economico italiano è in ripresa e riorganizzazione ambedue lente.
In teoria, dovremmo chiederci come accelerarle. In pratica, la spugnosità del sistema è così evidente da rendere difficile accelerazioni non traumatiche, considerando che ogni riforma di efficienza del modello implica dissensi in qualche settore sociale riducendo il consenso per attuarla. Pertanto appare più realistico concepire una strategia che accompagni la ripresa lenta piuttosto che invocare soluzioni accelerative alla fine impraticabili. Tuttavia, applicare tale realismo non dipende da una decisione sovrana, ma da una decisione a livello europeo di attutire il rigore per un certo periodo.
Per esempio, se l’Italia dovesse rispettare i criteri europei per la riduzione del debito come determinati sia dalla Commissione, sia da un recente rapporto della Bce, dovrebbe attuare riduzioni immediate della spesa pubblica oppure alzare le tasse, cosa che impedirebbe la strategia di ripresa lenta non traumatica con impatto destabilizzante. Al momento il governo sta preparando un piano che eviti traumi nel 2016, ma lo fa rimandando il problema al 2017, anno delicato perché sarà prossima la fine del programma Bce che di fatto garantisce il debito italiano oltre che inondare con liquidità a basso costo il mercato. Sarà un grosso problema.
Per questo suggerisco di pensare a un biennio 2017-18 di pausa nell’applicazione più stringente delle regole europee, per tutti, allo scopo di consolidare riprese lente. Non solo. Il biennio, poi, dovrebbe essere dedicato alla revisione dei trattati europei per renderli capaci di indurre un ordine economico che rassicuri la Germania, ma senza impatti depressivi che soffocano Italia, Francia e altri.
Servono una pausa e un nuovo compromesso europeo senza i quali è improbabile che le elezioni in Francia, Germania e Italia del 2017-18 confermino la continuità dell’eurosistema.