La Commissione europea sta rifinendo il testo di una lettera di avvertimento che dovrebbe essere inviata nei prossimi giorni ai governi che violano europarametri, tra cui quello italiano, oltre soglia in materia di debito e a rischio di non contenere il deficit annuo concordato a causa di una crescita del Pil 2016 rivista al ribasso. La settimana scorsa c’è stato un confronto molto duro tra Roma e Bruxelles perché una prima versione della lettera auspicava misure devastanti di rigore, in sostanza più tasse. La sensazione è che alla fine ci sarà un compromesso in forma di aggiustamento del bilancio italiano di pochi miliardi, forse copribili senza incrementi di tasse.



Vedremo, speriamo. Ma l’occasione impone di segnalare due carenze che mantengono incerta la capacità della politica economica italiana di sostenere la ripresa. La prima è la mancanza di una funzione europea anticrisi che sospenda temporaneamente le regole standard per permettere alle nazioni di violarle, entro limiti, per riequilibrare la loro economia. In realtà l’Ue riconosce le situazioni di crisi, ma lo fa ammettendo misure del tutto insufficienti di reazione. Prova ne è che in un momento di rallentamento della crescita globale ed europea, complicata dalla deflazione nell’Eurozona, la Commissione richiama gli Stati al rispetto dei parametri normali come se crisi e turbolenze non esistessero. L’economia italiana, come altre, inserita in questa gabbia restrittiva resterà comunque strozzata e ciò non ha senso. Il governo, infatti, da tempo chiede flessibilità. Ma ci vorrebbe ben di più, appunto un meccanismo anticrisi, per permettere a nazioni nei guai di uscirne con mezzi, per lo più stimolazioni in deficit, che ora la Ue vieta.



Il secondo gap riguarda l’incapacità del governo italiano di attuare credibili riduzioni del debito complessivo e del deficit annuo, fatto che rende l’Italia classificabile come nazione a rischio e quindi con meno forza negoziale e perfino ricattabile. Da un lato, è comprensibile la prudenza nel tagliare la spesa pubblica per non aumentare l’impatto deflattivo su un’economia in ripresa incerta. Dall’altro, c’è parecchio spazio tecnico nel bilancio per tagli intelligenti, che però non sono attuati per paura di dissensi o per banale inefficienza. C’è poi un ampio spazio inesplorato per operazioni patrimonio pubblico contro debito.



Poiché è improbabile migliorare le capacità anticrisi dell’Ue, il governo italiano dovrà essere più determinato nel tagliare la spesa e audace nel ridurre il debito, considerando che ogni ritardo costerà tanti poveri in più.

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