Nell’ultimo periodo è intenso il dibattito sul tema delle banche. Dopo la vicenda delle quattro banche salvate, oggi sono in cantiere in Italia una serie di interventi miranti a garantire il salvataggio dell’intero sistema. Non è in discussione la necessità di porre in atto tulle le azioni mirate a salvaguardare l’infrastruttura finanziaria del nostro Paese, ma è altrettanto necessario avviare una riflessione culturale sulle cause scatenanti la crisi del settore bancario. Naturalmente, in primo luogo, occorre far riferimento alla cultura dell’indebitamento che ha pervaso la mentalità della finanza speculativa internazionale e che è arrivata sino alla singola e umile persona di qualche periferia a cui è stato proposto di poter rispondere ai propri desideri e bisogni ricorrendo semplicemente al debito che le banche senza alcun problema concedevano. 



Questa cultura ha creato un disastro facendo aumentare l’indebitamento degli stati sovrani che sono stati costretti a salvare le banche dei propri paesi, creando gravi motivi di preoccupazione sull’effettiva onorabilità di tali debiti nel tempo e comunque andando verso politiche sempre più restrittive nella gestione della finanza pubblica, tanto più che la ripresa è soprattutto bloccata da un sistema economico che non è in grado di sviluppare una domanda adeguata per gli squilibri sociali presenti in molti paesi. Questa cultura ha inoltre ha alterato il normale funzionamento di un sistema che vede la finanza al servizio di chi produce e lavora, che invece, sulla base del mito che attraverso la finanza si poteva creare ricchezza , ha asservito l’intero sistema economico e gli Stati per poter ripagare gli stock di debito creati da questa impostazione. 



Ma la riflessione sul tema delle banche necessita anche di un affondo specifico sulla situazione italiana, in cui sono ravvisabili delle fragilità specifiche del sistema bancario che ha ancora bisogno di interventi di sostegno per salvaguardare la stabilità dei mercati. Da una parte la crisi delle quattro banche, di alcune Popolari e di alcune Bcc, che hanno provocato la riforma del sistema delle banche popolari e delle banche del credito cooperativo, ha evidenziato l’inadeguatezza di alcune lobby localistiche che hanno trovato espressione in alcuni consigli di amministrazione. Una visione provincialistica e autoreferenziale per la gestione di piccoli poteri ha lasciato mano libera nella gestione delle banche a manager avventurieri, figli della cultura dell’indebitamento e di una visione speculativa di breve periodo, che è da anni dominante nel mondo della finanza internazionale. 



Accanto a questa criticità ce n’è un’altra particolarmente grave, che ancora non viene generalmente colta perseguendo il mito della grande dimensione come il toccasana delle inefficienze gestionali. In questi anni di crisi, al contrario, è sotto gli occhi di tutti l’incapacità di molte grandi banche nel saper gestire adeguatamente la nuova congiuntura salvaguardando il proprio business tradizionale e continuando a fornire un supporto alle imprese. L’arretratezza culturale di molte grandi banche è stata ben visibile nell’assenza della centralità del cliente nel perseguire il proprio business, l’incapacità a saper valutare e gestire i rischi e le opportunità che un cliente offre, rifugiandosi in sistemi di valutazione automatici deresponsabilizzanti che hanno provocato un calo di professionalità e partecipazione da parte del personale.

Il risultato è stata l’incapacità di saper valutare e quindi sviluppare interessanti aree di business e di saper gestire con intelligenza i cosiddetti crediti deteriorati, affossando delle aziende che potevano essere salvate o quantomeno accompagnate a un graduale rientro e quindi provocando perdite molto più grandi per il proprio istituto. Se a questo scenario aggiungiamo la scelta di avvalersi di manager cresciuti nella cultura dominante nella finanza del breve periodo perché premiati sui risultati di breve periodo e la perdita progressiva di un rapporto vitale con i territori che permangono un canale prioritario per la gestione di informazioni essenziali per chi fa credito il cerchio si chiude e conferma la profonda crisi che interessa anche il modello della grande banca. 

Ma dal momento che la differenza la fa sempre l’uomo non tutte le banche sono così, ci sono piccole banche ed alcune grandi banche che stanno portando un’altra cultura e quindi un nuovo modello di business più adeguato al mercato. Chi saprà affermare la cultura della centralità del cliente come il bene supremo per lo sviluppo del proprio business e quindi realizzare tutte le attività necessarie per conoscere la sua situazione e le sue esigenze, sapendo pertanto valutarlo nelle sue potenzialità, associando a tale lavoro l’utilizzo delle opportunità che oggi il digitale consente, creerà un vantaggio competitivo che il mercato sta già premiando e premierà sempre di più. 

I grandi player di altri settori, tipo Amazon, Google, Apple e altri, documentano chiaramente questa cultura imprenditoriale che nel mondo delle banche ancora non c’è, ma che in alcuni casi comincia ad affermarsi. Tanto più che la spinta all’innovazione sta scuotendo anche il mondo della finanza e negli anni porterà a profondi sconvolgimenti in questo settore travolgendo chi non accetterà il cambiamento. I nuovi circuiti commerciali che in Italia si stanno sviluppando, in cui la moneta viene sostituita dallo scambio reciproco di forniture, è un bellissimo esempio di innovazione che cresce dal basso ricreando un’economia sociale. Così molto interessante la nascita di nuovi marketplaces che online mettono in rapporto chi ha bisogno di credito con chi invece vuole investire la propria liquidità in modo più utile e remunerativo. Ancora ai primi passi, ma con solide prospettive di sviluppo, anche l’esperienza del crowdfunding, che si propone come un’interessante alternativa alla necessità di capitalizzare le imprese. 

Oggi cogliere con curiosità l’innovazione in atto diviene un punto fondamentale sia per gli imprenditori che per i banchieri, nella consapevolezza che solo chi riuscirà a rispondere in modo efficace a un bisogno reale che il mercato pone potrà avere un futuro.