Dopo una lunga riunione notturna, il consiglio d’amministrazone della Banca Popolare di Vicenza ha comunicato la forchetta di prezzi in vista dell’aumento di capitale da 1,7 miliardi, che dovrebbe partire a giorni (il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha detto che il prospetto sarà esaminato oggi). Il range individuato assieme a Mediobanca, advisor della Vicenza, spazia fra un minimo di 0,10 euro (“non vincolante”) e un massimo vincolante di 3 euro. Una forchetta subito giudicata piuttosto anomala dai mercati: anche se una finestra a suo modo coerente con un caso anomalo di crisi bancaria, reso ancora più anomalo dall’avvento sulla scena di Atlante, il fondo nazionale salva-banche promosso una settimana fa dal Governo. (Contro l’anomalia-Atlante giusto stamattina il Financial Times ha sparato una nuova Lex molto pesante: prospettando che le banche “salvatrici” della Vicenza, di Veneto Banca e forse di Mps, potrebbero aver presto bisogno di essere esse stesse “salvate”).
Una forchetta amplissima, quella annunciata stamattina: frutto presumibile di un braccio di ferro fra il consiglio presieduto da Stefano Dolcetta e Mediobanca, con la possibile partecipazione esterna di altri soggetti (Tesoro, Bankitalia, Quaestio, la Sgr controllata dalla Cariplo che giusto ieri ha assunto da Unicredit parte della garanzia sull’aumento PopVi). Il limite inferiore segnala certamente il punto di vista noto di Mediobanca, la quale ha stimato il valore della Vicenza post-aumento fra 1,1 e 1,6 miliardi, cioè meno dell’aumento. La valutazione implicita del possibile prezzo di emissione delle nuove azioni è inequivocabile: zero (e 0,10 è l’equivalente del proverbiale “una lira”). Tale valutazione è coerente con il pre-marketing difficile dell’operazione: quello che ha costretto UniCredit a tirarsi indietro dalla garanzia che – presumibilmente – lo avrebbe obbligato a farsi carico della maggioranza della Vicenza, consolidandola così nel proprio bilancio e appesantendo i coefficienti patrimoniali.
Il limite superiore così ampio è stato invece prevedibilmente voluto dal cda: un consiglio in cui siedono ancora vecchi consiglieri dell'”era Zonin” e – soprattutto – il consiglio che ha approvato il bilancio 2015. Quest’ultimo – l’ultimo documento di informazione finanziaria disponibile per i mercati – attribuisce ancora all’azione Vicenza un valore contabile di 6,3 euro, fissato come prezzo di recesso in sede di trasfomazione in Spa . Il cda ha tentato evidentemente di “salvare la faccia” e forse anche qualcosa di più nel momento in cui “il disastro” della Vicenza (come ha scritto stamattina Il Sole 24 Ore) giunge alla sua tappa conclusiva.
Fatte queste premesse, ora la parola è al mercato: oppure ad Atlante. In sintesi estrema e brutale, Mediobanca: 1) ha segnalato al mercato che il prezzo “corretto sul mercato” è 0,10 “e stretti dintorni”; 2) a 0,10 “e dintorni” l’aumento è probabilmente collocabile sia presso i piccoli soci, sia presso i grandi istituzionali; 3) a “0,10 e dintorni” l’approdo successivo e immediato al listino di Borsa sarebbe non problematico mentre lo sarebbe a valori superiori. Il consiglio sembra aver invece espresso essenzialmente un desiderio: inevitabilmente lontano dalle affermazioni di fatto di Mediobanca. Dolcetta e consiglieri (e magari alcuni azionisti importanti) gradirebbero un prezzo che non diluisse quasi a zero gli attuali soci e non mettesse a nudo che la Popolare di Vicenza è una banca “a patrimonio zero”.
È evidente che questo “desiderio” guarda all’intervento di Atlante. Ed è nell’ordine delle cose – nello scenario descritto dalla “forchetta” – che più il prezzo di emissione si allontanerà da 0,10 e si avvicinerà a 3 più sarà larga la garanzia che Atlante dovrà prestare: rilevando un probabile ampio inoptato a un prezzo “non di mercato”. In questo quadro è naturalmente elevata la probabilità che Atlante si ritrovi azionista di controllo della Popolare di Vicenza, immobilizzato da prezzi di carico superiori a quelli di Borsa: tenendo impegnata una parte già rilevante dei 4 miliardi raccolti da banche, Fondazioni e Cdp.
La partita, comunque, è appena iniziata e durerà prevedibilmente una decina di giorni (se Consob darà l’ok al prospetto la sottoscrizione potrebbe cominciare già questa settimana). L’approdo in Borsa della “nuova Vicenza” dovrebbe avvenire nella settimana che inizia con lunedì 2 maggio (entro il 10 la vigilanza Bce vuole tutto a posto). Ma i prossimi giorni si profilano importanti non solo per la messa in sicurezza della Vicenza e per le prospettive di stabilizzazione dell’intero sistema bancario nazionale. È sempre più evidente che attorno al caso Vicenza sta maturando uno scontro fra Mediobanca e Intesa Sanpaolo (controllata dalle maggiori fondazioni italiane, fra cui Cariplo, Compagnia San Paolo e Carifirenze).
Piazzetta Cuccia non ha partecipato ad Atlante confermando di non aver gradito l’irruzione di Questio-Atlante sullo scacchiere dei riassetti bancari su cui è molto impegnata da tempo. Non da ultimo – secondo uno schema che pare ormai fisso sulla scena politico-finanziaria italiana – a grandi turbolenze nel settore bancario si sta puntualmente accompagnando un tentativo di acquisizione del Corriere della Sera ostile a Mediobanca. Unidici anni dopo la scalata di Stefano Ricucci appoggiato dalla Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani, c’è l’Ops di Urbano Cairo appoggiato da Intesa Sanpaolo di Giovanni Bazoli.