«Tutti ragionano sullo 0,2% in più o in meno di crescita, ma non si rendono conto che nell’arco di due anni i tassi ricominceranno a salire e l’Italia andrà incontro al disastro. La miscela composta da maggiore debito, minore crescita e maggiori disuguaglianze è esplosiva e nei prossimi tre-quattro anni metterà in ginocchio il Paese». È quanto prevede Paolo Cirino Pomicino, ex ministro della Funzione Pubblica, del Bilancio e della Programmazione economica, nonché editorialista con lo pseudonimo di Geronimo. Martedì il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, ha rimarcato: “Le stime Istat confermano che nel 2015 l’economia italiana è tornata a crescere. Il governo mantiene una politica fiscale rigorosa accompagnata da politiche fiscali espansive”.



Il governo prevede che il Pil crescerà dell’1,2% nel corso del 2016. È una stima realistica?

Ho l’impressione che, come sempre capita, le previsioni del governo siano più ottimistiche. Lo sono state nel 2015 e lo saranno anche nel 2016. In realtà se anche tutto dovesse andare nel modo sperato, la crescita del Pil non supererà l’1%. Ma anche senza litigare su una crescita dello 0,2% in più o in meno, il dato vero è che in termini sostanziali sia con il +1% sia con il +1,2% l’Italia continua a essere la Cenerentola d’Europa. Con un debito sovrano che cresce inevitabilmente di 30-35 miliardi l’anno, noi non usciremo dal circolo perverso di bassa crescita, deflazione e stagnazione dell’occupazione.



Che cosa manca per uscire dal tunnel?

La polemica quotidiana sullo 0,2% in più o in meno può interessare i politici di professione. Ma le persone con una visione lungimirante sanno che se il governo non mette in mano a grandi investimenti pubblici in tempi rapidi, non usciremo dal circolo nel quale ci troviamo dal 1995.

Ma la crisi non è iniziata nel 2007?

Se leggiamo bene i dati, negli ultimi 21 anni il debito è cresciuto del 170% e il Paese si è impoverito. Negli anni ’80 è certamente esploso il debito pubblico, ma dal 1980 al 1990 ha permesso una crescita reale del 27%. Dal 2006 a oggi invece la crescita è stata inferiore al 2%. Sono questi i numeri che dovrebbero fare pensare la maggioranza e innanzitutto il governo.



Per Padoan, “l’Fmi dà una dinamica in salita del debito perché non tiene conto dei proventi delle privatizzazioni”. È questa l’arma segreta del governo?

Le privatizzazioni innanzitutto sono “una tantum”. Immaginare che bastino a contenere il debito è la ripetizione di un errore tragico che è avvenuto negli ultimi 20 anni. Dal ’94 a oggi, noi abbiamo privatizzato aziende per oltre 180 miliardi di euro e ciononostante il debito è aumentato. A non crescere è stato il denominatore, cioè il Pil. Questi soldi sono stati sprecati in quanto non hanno alimentato investimenti pubblici, che negli ultimi 20 anni sono stati tagliati per il 2% del Pil ogni anno. Non ha quindi senso dire che l’Fmi sbaglia i conti perché si dimentica dei proventi delle privatizzazioni, che se va bene saranno pari a 2-3 miliardi.

Padoan ha annunciato “politiche fiscali espansive”. Dove si trovano le risorse per il taglio delle tasse?

Non le potranno trovare se non facendo ulteriori debiti. Il dato impressionante è che anche la pur lieve riduzione del rapporto debito/Pil prevista dal governo perde di significato dal momento che in valore assoluto il debito continua a crescere. È vero che la sostenibilità del debito dipende dal rapporto debito/Pil. Ma se il debito in termini assoluti continua a crescere all’infinito la sostenibilità sarà solo formale.

 

Che cosa la preoccupa di più?

A preoccupare è il fatto che al governo manchi una visione di medio termine. Tutti si interessano di quanti soldi arriveranno dalle privatizzazioni nei prossimi 12 mesi, e se cresceremo dell’1 o dell’1,2%.

 

Che cosa si aspetta nel medio termine per l’economia italiana?

Nell’arco di due anni i tassi ricominceranno a salire e l’Italia subirà una botta non indifferente. Nessuno si rende conto però che continuando ad aumentare il debito e continuando a rimanere con una crescita bassa, noi nei prossimi tre o quattro anni andremo incontro a un disastro. Purtroppo però il dibattito politico vive soltanto alla giornata. Nessuno ha un minimo di visione, né ragiona in termini conseguenti. Si assiste impotenti alla crescita delle disuguaglianze sociali, che prima o poi faranno esplodere movimenti politici drammatici. La miscela composta da maggiore debito, minore crescita e maggiori disuguaglianze è esplosiva e di qui a qualche anno metterà in ginocchio il Paese.

 

(Pietro Vernizzi)