Com’era nelle premesse, il roadshow milanese di Francesco Iorio, amministratore delegato della Popolare di Vicenza, si è rivelato una tranche de vie dell’Italia (bancaria) contemporanea: e non certo per responsabilità del protagonista, che è un top manager bancario di curriculum solido. È la situazione della Popolare che si è trovato a dirigere nel tormentato dopo-Zonin che ha obbligato Iorio a mescolare realtà e surrealtà, mercato effettivo e mercato immaginario, obiettivi difficili ma forse ancora perseguibili e attese ormai irrealizzabil se non in una pura “narrazione”.



Per esempio: che il lotto minimo di sottoscrizione dell’Ipo da 1,7 miliardi sia dieci euro (cento azioni a 10 centesimi; ma detto altrimenti: una pizza) è un fatto, che diventa però surreale se rapportato al lotto minimo della recente privatizzazione delle Poste (più di 3mila euro) oppure all’entità delle azioni che – in teoria – verranno emesse con l’aumento di capitale (15, 16, 17 miliardi, roba da marchi in banconote alla fine della Repubblica di Weimar). Oppure: Iorio – che ha promesso di sottoscrivere azioni della sua banca e nessuno dubita che avverrà per davvero – si è dichiarato ancora molto fiducioso che il titolo della Vicenza approderà in Borsa martedì 3 maggio.



Nella “terra di nessuno” nella quale si ritrova l’Italia bancaria di fine aprile 2016 tutto è possibile. Ma esattamente come la “forchetta di prezzo” annunciata martedì mattina dal cda della Vicenza (da 0,1 a 3 euro) è diventata nel giro di qualche ora “dieci centesimi per tutti”, ieri mattina il Fondo Atlante (candidato a farsi carico di una quota di larghissima maggioranza della Popopolare veneta) si è premurato di precisare che garantirà la sottoscrizione anche in assenza di quotazione. Cioè: non è affatto certo che l’Ipo condotta in porto in emergenza dal nuovo fondo “salvacredito” nazionale (anzi: pubblico, ma non si può dire a voce alta) sfoci nell’approdo in Piazza Affari. Cioè ancora: perché mai Atlante – chiamato subito a riversare 1,5 dei 4 miliardi raccolti fra banche, assicurazioni, fondazioni e Cdp – dovrebbe rischiare di perderli subito nella prima seduta di Borsa? Meglio tenerlo “in carico” al prezzo di collocamento, al riparo dal fatidico “giudizio del mercato”, che potrebbe arrivare – secondo le regole della Borsa italiana – anche a un milllesimo di euro, cento volte meno dei dieci centesimi del prezzo di emissione della “nuova Vicenza”. (A proposito di Atlante: il tombstone dell’Ipo Vicenza non lo cita mai e continua invece a indicare UniCredit in quattro ruoli: sponsor, responsabile del collocamento dell’offerta pubblica; coordinatore dell’offerta globale; joint bookrunner del collocamento istituazionale).



What next, cosa succederà ora alla Vicenza? Cioè: cosa farà Atlante quando si ritroverà – salvo colpi di scena – padrone della Vicenza? Un fatto – il contrario dei desideri di tutti – accomunerebbe intanto Atlante al Fondo italiano di risoluzione che avrà tempo (pare) fino a settembre per rivendere Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti: “comprate” dalle banche italiane a novembre non troppo diversamente da come Atlante “comprerà” la Vicenza con altri mezzi messi dal sistema. Certo, con una differenza importante: che nel secondo caso non verranno sacrificati gli obbligazionisti subordinati e senior, come invece è stato in parte nelle quattro risoluzioni.

Come il Fondo affidato a Roberto Nicastro sta stringendo al massimo i tempi (pare soprattutto di fronte a un interessamento del Credit Agricole, naturalmente in blocco e a prezzi di supersaldo), Atlante potrebbe da subito cercare di alleggerire il suo investimento: chiamando forse uno o più di quei fondi che – pochi giorni fa, ma sembra già preistoria – i padri di Atlante bollavano come “avvoltoi in cerca di cuccagna” in Italia. Ieri, in un’affermazione di forte realtà, Iorio ha parlato di “porte non chiuse” per quei fondi (come Apollo o Fortress) interessati a rilevare le sofferenze della Vicenza. A un prezzo di partenza che il Ceo della Popolare ha perfino indicato: poco distante da quel 22% cui la Banca d’Italia di Ignazio Visco ha corretto pochi giorni fa la rivendita degli Npl delle quattro banche risolte alle rispettive bad bank appositamente create.

Fino al 28 aprile realtà e narrazione continueranno prevedibilmente a convivere sulla scena Popolare Vicenza. Dopo ci sarà spazio solo per i fatti: qualunque essi siano.