«Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, lancia moniti all’Italia perché è già in “campagna elettorale” per succedere a Mario Draghi alla guida della Bce». Lo afferma Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e alla Link Campus University di Roma. In occasione del suo discorso all’ambasciata tedesca a Roma, Weidmann aveva detto: “Da quando esiste l’Unione monetaria le regole del patto di stabilità e crescita sono state violate da alcuni Stati, fra i quali l’Italia, più spesso di quanto siano state” osservate.



Per quale ragione la Germania è tornata a fare la voce grossa con l’Italia?

Traspare sempre di più la conduzione europea della Germania, in particolare per quanto riguarda la politica monetaria. Mentre prima le critiche della Germania erano velate, o magari Berlino mandava avanti i suoi satelliti a cominciare da Finlandia e Paesi Bassi, adesso che anche loro sono in crisi sono stati costretti a uscire allo scoperto. Questo ruolo i tedeschi non soltanto se lo sono preso, ma glielo abbiamo dato noi con la nostra debolezza. Per non parlare delle responsabilità degli stessi americani.



A che cosa si riferisce quando parla di responsabilità americane?

Obama alcuni giorni fa è andato a trovare la Merkel e l’ha incensata con tutte le migliori intenzioni, ponendola in una posizione di interlocutore privilegiato. Gli Stati Uniti devono far approvare il Ttip e preferiscono avere un solo interlocutore a livello europeo anziché 28. D’altra parte ricordo che gli americani ultimamente hanno in pugno i tedeschi proprio grazie a vicende come il Dieselgate e le truffe relative alla manipolazione dei mutui nonché del mercato di oro e argento. Hanno quindi buoni elementi per indurre Angela Merkel a dire sì al Ttip.



Perché a dare voce alle critiche tedesche è stato Weidmann anziché la Merkel?

Jens Weidmann è soltanto il presidente della Bundesbank, non è un politico, né rappresenta un partito. La sua sortita molto probabilmente è orientata alla candidatura alla Bce. La Germania ha chiesto infatti che il prossimo presidente dell’Eurotower sia tedesco, e Weidmann sarebbe dal loro punto di vista il candidato ideale.

Candidando Weidmann alla guida della Bce, quale obiettivo si prefiggono i tedeschi?

L’obiettivo di Berlino è quello di avere un euro che sia a immagine e somiglianza del marco. Il suo dogma è la stabilità dei prezzi e il rigore dei conti fino al perseguimento del pareggio di bilancio come unico presupposto per la crescita. Per l’Italia tutto ciò non va bene. Avere adottato una moneta che di fatto tiene conto soltanto di un modello economico, cioè quello tedesco, significa non avere fatto l’interesse del nostro Paese.

Ritiene attuabili le richieste italiane di rivedere le modalità di calcolo del deficit, che garantirebbero un po’ più di ossigeno al nostro bilancio?

Sono attuabili nella misura in cui il governo italiano è abbastanza forte per poterle realizzare. Dal momento però che l’Italia non è nelle condizioni di pretendere che gli altri Paesi attuino modifiche o rivisitazioni degli accordi, le nostre richieste cadranno nel dimenticatoio. L’intervento di Weidmann lo documenta in modo più che mai chiaro. Il nostro Paese non ha la forza per imporsi sui mercati europei, e quindi qualsiasi richiesta da parte nostra è disattesa.

 

Che cosa fa sì che la Germania possa imporci determinate scelte?

Le rigidità dei trattati non sono altro che una forma di ricatto nei nostri confronti. È sempre stato fatto così attraverso le “letterine” della Bce e i rimbrotti vari. Sono delle intromissioni non gradite da Paesi esteri nella conduzione domestica italiana. Vorrei sapere che cosa accadrebbe se l’Italia facesse la stessa cosa nei confronti degli altri. La colpa quindi è soltanto nostra, in quanto ci facciamo sottomettere da personaggi che non hanno nessun titolo per farlo. Quando è la Germania a sforare le regole Ue nessuno dice nulla, quando invece il problema riguarda l’Italia tutti quanti lo utilizzano come elemento di ricatto.

 

(Pietro Vernizzi)