«La ripresa dell’economia a livello globale arriverà ancora una volta dagli Stati Uniti, che si confermano come la locomotiva mondiale, mentre nei Paesi emergenti come la Cina si registrano preoccupanti segnali di rallentamento». È la previsione di Francesco Daveri, professore di Scenari economici all’Università Cattolica di Piacenza. Per Christine Lagarde, direttore generale del Fmi, “la ripresa va avanti: non siamo in crisi. Ma resta troppo lenta, troppo fragile e i rischi sono in aumento”. Il clima incerto anche a livello nazionale emerge dalla stessa nota mensile sull’andamento dell’economia italiana pubblicata martedì dall’Istat. L’attività industriale registra un balzo tra dicembre e gennaio (+1,9%), ma confrontando la media degli ultimi tre mesi (novembre-gennaio) con quella dei tre mesi precedenti (agosto-ottobre) la crescita è soltanto dello 0,2%. Mentre nel quarto trimestre 2015 il potere d’acquisto delle famiglie diminuisce dello 0,7% rispetto al trimestre precedente.



Professore, qual è lo scenario complessivo che emerge dalla nota mensile dell’Istat?

A partire dal novembre 2015 i dati sulle vendite al dettaglio hanno mostrato segni di stagnazione, confermati dalle prime valutazioni disponibili sui primi mesi del 2016. L’andamento positivo dei consumi, che era arrivato fino a una parte del quarto trimestre 2015, sembra essersi interrotto. I primi dati disponibili per il 2016 indicano addirittura un dato negativo rispetto all’anno precedente. La ripresa, che era stata trainata soprattutto dalla domanda interna privata, negli ultimi mesi sembra avere subito un forte rallentamento, se non addirittura essersi fermata.



Come si spiega questa nuova frenata?

Il punto è che l’aumento del reddito disponibile rimane limitato, al di là delle variazioni trimestrali o mensili, e questo dipende dal fatto che le imposte continuano a essere alte. Il mercato del lavoro mostra inoltre una disoccupazione che è ancora il doppio rispetto al 2007. I redditi lordi crescono lentamente, mentre i redditi netti, che sono influenzati dal livello delle imposte, tendono a non aumentare o ad aumentare meno di quanto sarebbe auspicabile. È da questi vincoli che dipende una crescita dei consumi che potrebbe essere più sostenibile.



C’è la speranza che l’economia italiana possa essere trainata da un miglioramento a livello internazionale?

Purtroppo anche a livello internazionale si registrano per ragioni diverse altri segnali di preoccupazione, che riguardano soprattutto il rallentamento dei Paesi emergenti. Mentre tra le buone notizie c’è la tenuta degli Stati Uniti, che hanno allontanato le prospettive di una recessione, e la resistenza della crescita in Germania, che è il Paese-locomotiva d’Europa.

Quali sono le novità che arrivano dalla Germania?

La novità dell’economia tedesca è che è ripartito il mercato immobiliare: è una buona notizia, anche se questo settore tende a generare soprattutto una ripresa interna. È comunque un segno del fatto che il mercato interno tedesco si sta consolidando e che l’aumento dei salari è stato più consistente rispetto a quello degli ultimi anni.

Il modello tedesco di sviluppo è basato più sulle esportazioni che sugli investimenti interni. Quanto è sostenibile nel medio-lungo periodo?

L’Europa avrebbe certamente bisogno che la Germania investisse di più, ma sarebbe anche ingiusto non sottolineare il dato positivo registrato dal mercato immobiliare tedesco, che tra l’altro rispecchia quello sul commercio internazionale. L’avanzo commerciale della Germania nei confronti degli altri Paesi dell’area euro si è sostanzialmente azzerato nel corso del tempo, mentre quattro o cinque anni fa era molto rilevante.

 

Tra i Paesi in ripresa ci sono anche gli Stati Uniti. Ma sono tutti gli americani a beneficiarne o solo una parte?

L’andamento medio dell’economia americana negli ultimi anni presenta una maggiore variabilità: ci sono pochi che riescono a beneficiare in modo molto rilevante della crescita economica, mentre la maggioranza delle persone vede i suoi redditi e le sue possibilità di consumo rimanere al palo.

 

Alla luce di questo scenario, lei da quale area del mondo si aspetta che arrivi la ripresa?

Alla fine sono gli Stati Uniti che continueranno a essere la locomotiva del mondo, come lo sono stati in passato. Certo gli Usa devono affrontare i problemi di eccessiva disuguaglianza al loro interno. Devono cioè rendere più sostenibile la loro crescita, senza però aumentare ulteriormente il loro debito pubblico, che comunque è decisamente più sicuro di quello italiano. Gli Stati Uniti infatti continuano a essere il Paese più affidabile sui mercati internazionali.

 

(Pietro Vernizzi)