La velocità di realizzazione delle riforme in Italia è stata “un po’ più forte rispetto a quella del Portogallo e della Francia”, ma il nostro Paese rischia di non essere conforme alle regole stabilite dal Patto di Stabilità e Crescita. Lo sottolinea il report annuale della Bce, pubblicato giovedì. Il governatore dell’Eurotower, Mario Draghi, presentando il rapporto ha quindi rincarato la dose: “Le prospettive per l’economia mondiale sono circondate da incertezza. Dobbiamo fronteggiare persistenti forze disinflazionistiche. Si pongono interrogativi riguardo alla direzione in cui andrà l’Europa e alla sua capacità di tenuta a fronte di nuovi shock”. Ne abbiamo parlato con Claudio Borghi Aquilini, responsabile del dipartimento Economia della Lega Nord e consigliere della Regione Toscana.
Quanto e che cosa potrebbe rischiare l’Italia?
La domanda che dobbiamo porci è se lo scenario di fondo sia o meno quello delineato dall’Eurotower. Io ritengo che la banca centrale potrebbe essere parte del problema anziché della soluzione. La raccomandazione principale nella lettera della Bce inviata nel 2011 a Berlusconi era la flessibilità del lavoro.
In fondo non era un tema di cui si discuteva da tempo?
Il punto è che in un regime di cambi rigidi quale è l’euro, l’unico sistema di aggiustamento è la riduzione dei salari dei Paesi più deboli. Proprio per questo la Bce propone di mettere in campo degli strumenti che consentono più facilmente di abbassare i salari con la minaccia del licenziamento. In questo modo i salari si abbassano e il Paese diventa più competitivo. Questo è il gioco a cui la Bce ci vuole far giocare. Lo stiamo vedendo anche in un Paese come la Finlandia, a sua volta in crisi strutturale, dove si sta discutendo una riforma per ridurre i salari.
La Bce ha sottolineato più volte che l’Italia deve tagliare la spesa pubblica. Come valuta questo invito?
È evidente che la riduzione della spesa pubblica è funzionale a questo disegno, perché riducendo il denaro in circolazione si abbassa la domanda interna e di conseguenza le importazioni. Senza comprimere salari e domanda interna si creano infatti degli squilibri nella bilancia commerciale e nel debito, che poi non si riescono a sanare in nessun altro modo. Gli intenti della Bce sono quindi dichiarati nero su bianco, e queste ricette anziché aiutare l’economia del nostro Paese ci portano al suicidio. Così facendo infatti il Paese è condannato alla recessione costante.
Che cosa ne pensa dei rischi di uno shock evocati da Draghi?
La Bce ci indica la strada della perenne carestia, e non a caso Draghi cita i rischi di uno shock futuro. Nel momento stesso in cui c’è uno shock, in mancanza dello strumento di aggiustamento principe costituito dal cambio la conseguenza finale è il disastro. L’unica soluzione ancora una volta sarebbe tagliare ulteriormente i salari. Quello della Bce è un patetico tentativo di mantenere una situazione che in tutta evidenza non è più sostenibile, pur di non riconoscere il fatto di avere sbagliato tutto.
Da dove può arrivare lo shock di cui parla Draghi?
Temo che arrivi dal sistema bancario. Già a gennaio noi eravamo avviati verso un completo avvitamento per quanto riguarda la fiducia nel sistema bancario europeo. Ogni giorno i titoli registravano il -20%, e nonostante i comunicati ribadissero la solidità delle banche c’era una fuga dei risparmiatori. Il pericolo era che la legge sul bail-in rendesse rischiosi investimenti che prima erano sicuri. Questo gioco era stato ideato per colpire l’Italia. Lo documenta l’intervista del Corriere a un consigliere della Merkel, nella quale augurava al nostro Paese il completo bail-in del sistema bancario.
Perché le nostre banche invece hanno retto?
Paradossalmente questa operazione ha colpito invece la Deutsche Bank. Quest’ultima però ha trovato improvvisamente 5 miliardi di euro per attuare un buyback del suo debito che ha stoppato immediatamente la crisi. Nessuno però ci ha ancora spiegato dove abbia trovato questi finanziamenti. Il rischio però è che questa situazione per quanto riguarda il sistema bancario ritorni, e prevedo che stavolta prenderanno meglio la mira nei confronti del suo vero obiettivo, cioè l’Italia.
(Pietro Vernizzi)