Lunedì pomeriggio Banco Popolare e Bpm presentano a Milano il piano industriale della loro fusione, mentre nelle stesse ore a Montebelluna si riunisce il Veneto Banca per decidere i tempi e i modi dell’aumento di capitale e dell’approdo in Borsa. Non saranno passaggi definitivi, ma non solo di routine, non solo per le Popolari, non solo per il Nordest. Dopo il naufragio dell’Ipo della Popolare di Vicenza – e l’avvento in emergenza del fondo salva-credito Atlante – nulla è più come prima nel sistema bancario nazionale: che avrebbe bisogno assoluto che le due operazioni in cantiere procedessero spedite verso i loro traguardi. Invece sui cieli bancari del Triveneto gravano ancora nuvole basse: che anzitutto tolgono visibilità.
Un mese fa – quando Atlante è nato per puntellare la Popolare di Vicenza – non c’era consenso sui mercati su quanto sarebbe accaduto alla Veneto. Da un lato la garanzia costruita da Banca Imi sembrava poter reggere meglio di quella ritirata all’ultimo da UniCredit sulla Vicenza. Ma l’esito totalmente negativo del primo collocamento ha subito allungato le sue ombre sulla banca trevigiana, in una ridda di mezze affermazioni, mezze smentite, eventi a sorpresa come il ribaltone del consiglio d’amministrazione.
Sono così riemersi – a differenza che a Vicenza – gli azionisti local, la cui principale associazione ha ribadito ieri l’obiettivi di contare al 25% nella nuova Spa. Non da ultimo, Mediobanca si è riproposta per un ruolo forte, potenzialmente di azionista-pivot e Intesa Sanpaolo (nella duplice veste di garante e di riferimento di Atlante) sembra guardare con più ottimismo all’ipotesi che il fondo salva-credito (già divenuto padrone della Vicenza al costo di 1,5 miliardi) possa intervenire in misura limitata o addirittura non intervenire sulla Veneto. Molto dipenderà dalla forchetta di prezzo che verrà decisa dal nuovo cda: difficile che venga commesso l’errore fatale a Vicenza di porre all’estremo inferiore della banda un virtuale “zero”. Un valore sostanzialmente diverso -ancorché inferiore ai 7,3 euro di valore convenzionale della Veneto al 31 dicembre – dovrà però risultare “palatabile” per il mercato, in tutti i suoi segmenti. I vecchi soci vorranno prevedibilmente limitare per quanto possibile la diluizione, ma investire a prezzo conveniente. Mediobanca e gli azionisti istituzionali hanno obiettivi prevedibilmente diversi, mentre Imi e Atlante punteranno a un collocamento il più possibile riuscito.
Mentre ad Asolo-Montebelluna la situazione è in evoluzione potenzialmente positiva, il filo che formalmente lega già le Popolari di Milano e Verona non riesce a districarsi, anzi. L’aumento di capitale da 1 miliardo che la Bce ha imposto al Banco per dare via libera iniziale alla fusione con Bpm sta fortemente penalizzando il titolo veronese (-70% da inizio anno), che nelle ultime settimane ha virtualmente sostituito Mps nel ruolo di zavorra di Piazza Affari.
Lunedì i due Ceo – Giuseppe Castagna per Bpm e Pierfrancesco Saviotti per il Banco – rilanceranno al massimo la validità industriale del progetto. Ma nessuno può garantire che convinceranno il mercato: a cominciare dai soci Bpm, essi stessi penalizzati negli ultimi tempi al listino dal vincolo programmatico di una fusione “alla pari”. La decisione stessa del Banco di offrire l’intero importo richiesto sotto forma di opzione azionaria sul mercato non è parsa mostrare particolare forza. Il gruppo veronese sembrava voler contare su alcuni collocamenti riservati a grandi investitori, anche in forma di obbligazioni strutturate. I mercati si sono rivelati invece molto freddi su un aumento di capitale lanciato prima della trasformazione in Spa: forse per qualche timore nei vertici di vedere messa in discussione la loro posizione nel “progress” dell’aggregazione con la Bpm.
A rendere più articolato il quadro è la presenza della stessa Mediobanca come co-garante dell’aumento e quella – sempre meno remota – di Atlante come eventuale “tappabuchi”. Ma se nell’aumento del Banco l’istituto di piazzetta Cuccia fosse chiamato a un ruolo importante e dinamico” come quello che si profila a per Veneto e se addirittura Atlante dovesse accorrere anche a Verona, è evidente che il quadro iniziale di fusione con la Bpm sarebbe profondamente modificato. Non necessariamente l’operazione rischia la cancellazione, ma si aprirebbero scenari inediti, finora non esplorati né dalla Borsa, né dalle diverse autorità di vigilanza.