“Economia e comunali sono le due spade di Damocle sulla testa di Renzi. Da un lato la performance economica del Paese è stata tutt’altro che soddisfacente e il governo non può certo vantarsene. Dall’altra il Pd è in gravi difficoltà a Roma, e se perdesse anche Milano la sconfitta sarebbe bruciante”. Lo sottolinea Antonio Polito, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera, secondo cui “per quanto riguarda le comunali la responsabilità non è direttamente di Renzi. Il problema è che agli occhi dell’opinione pubblica se il Pd perde sarà colpa del premier, mentre se vince sarà merito di chi lo ha preceduto”.
Polito, partiamo dal caso Pizzarotti. Quali saranno le conseguenze politiche di quanto sta avvenendo in M5s?
La conseguenza maggiore è una perdita di credibilità del movimento, non solo e non tanto per gli scontri interni e per le diverse opinioni che la vicenda di Pizzarotti ha rinfocolato, dal momento che rispetto a Nogarin era stata seguita un’altra linea. Ciò che emerge soprattutto è che M5s non sa come fronteggiare casi in cui le inchieste della magistratura riguardino i suoi amministratori. Quando sono coinvolte persone gradite al vertice del movimento il pollice è alzato mentre quando si tratta di persone sgradite il pollice è verso. Ma c’è un aspetto che mi preoccupa ancora di più.
Quale?
I Cinque Stelle sembrano dare più importanza al loro codice interno che alla legge della Repubblica. Pizzarotti infatti è stato sospeso non per il reato del quale è indagato dal pm, ma per avere contravvenuto a una regola interna. In questo modo le regole di M5s prevalgono su quelle dello Stato, al punto che è chiesto a Pizzarotti, che in quanto sindaco è un pubblico ufficiale, di spedire a un anonimo staff del movimento le carte giudiziarie che riguardano lui e altri indagati.
Veniamo a Renzi. A Porta a Porta ha detto che ha giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo. Che cosa vuole ottenere mettendo l’enfasi sulle unioni civili?
Renzi ha ragione quando dice che ha giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo. Il dibattito sulle unioni civili del resto non ha mai riguardato la Chiesa in quanto tale, nel senso che non c’è mai stato un pronunciamento delle Chiesa che intimasse alla Repubblica un determinato comportamento nel merito. L’obiezione mossa dalla Cei riguarda piuttosto il fatto che il Parlamento dovrebbe servire a discutere e votare le leggi emendamento per emendamento, e il voto di fiducia impedisce che questo avvenga. Al Senato questa discussione c’è stata, mentre alla Camera è mancata.
Secondo lei la narrazione del premier si sta appannando?
La narrazione forse no, ma è un dato di fatto che dopo questa lunga recessione il Paese non è ripartito. La crescita è così lenta che noi siamo ancora abbondantemente al di sotto rispetto al Pil pre-crisi, mentre in molti Paesi Ue non è più così. L’Italia dal 2008 ha perso oltre l’8% del Pil. Se anche lo recuperassimo al ritmo dello 0,8% l’anno, ci vorranno dieci anni per tornare a dove eravamo prima della crisi. Questa performance dell’economia italiana è decisamente deludente.
Quali saranno le conseguenze?
Se il Pil cresce così poco e il debito continua a peggiorare, il rapporto debito/Pil aumenterà. A ciò si aggiunge una deflazione che ad aprile è stata pari allo 0,5% rispetto allo stesso mese del 2015. La caduta dei prezzi oggi è il vero nemico dell’economia e anche dei conti pubblici. Tutte queste condizioni oggettivamente non possono soddisfare il governo.
Come è messo il Pd nelle prossime elezioni comunali?
A Roma il Pd esce da una disastrosa vicenda Marino, da cui non si è ancora liberato, in quanto la candidatura di Giachetti stenta a decollare. D’altra parte a Roma c’è un forte radicamento di M5s, che minaccia seriamente di conquistare la capitale. Persino il centrodestra ha due candidati entrambi in grado potenzialmente di battere Giachetti.
E nelle altre città?
A Milano il Pd è messo decisamente meglio. Ma a parte l’era Pisapia, il centrodestra in città è sempre stato maggioritario da quando esiste il bipolarismo e in Parisi ha trovato un candidato in grado di unire le sue varie anime. Se il Pd perdesse Milano sarebbe una sconfitta politica bruciante anche per Renzi. A Napoli inoltre il Pd è condannato a non arrivare neanche al ballottaggio e a Torino una vittoria di Fassino non potrebbe essere ascritta a vantaggio di Renzi.
Come ne uscirà il premier dopo il 5 giugno?
Renzi ha più da perdere che da vincere da queste comunali, perché dove perde è colpa sua mentre dove vince è merito di chi lo ha preceduto. E’ possibile che il premier nell’ultima settimana di campagna elettorale riesca a sovvertire questi pronostici, ma al momento le cose per lui si stanno mettendo male.
(Pietro Vernizzi)