Il 22 aprile 2016 il treno che collega Wuhan a Lione è giunto nella città francese: quindici giorni circa di viaggio a velocità sostenuta con un carico di prodotti meccanici, elettronici, vestiti. Ripartirà carico di veicoli, vini, prodotti agricoli. Ha attraversato il Kazakhstan, la Russia, la Bielorussia, la Polonia, la Germania ed è finalmente giunto in Francia. Se quelle merci avessero fatto il viaggio per mare esso sarebbe durato circa cinquanta giorni, per via aerea certo tutto sarebbe stato assai più rapido, ma anche molto più costoso. Si prevede che di treni simili ne circoleranno tre ogni settimana: ecco la “via della seta” che unirà la Cina e l’Europa.



I cinesi hanno coniato lo slogan: “one Belt, one road”, che ben sintetizza ciò che sta accadendo. La via della seta non passerà per l’ Italia ed è una minaccia per l’integrazione economica e sociale del Paese e anche per la sua sicurezza mediterranea, perché questa emarginazione rende meno sicuro e stabile l’impegno Nato in Italia. Il fronte anti-russo si sposta ormai nei paesi baltici ed ex comunisti, dinanzi alla nostra incapacità di dotarci delle risorse di intelligence richiesteci in Sicilia e per il fallimento dei nostri progetti di interconnessione commerciale con l’Africa e Suez, incarnatisi nella tragedia logistica di Gioa Tauro, porto senza sbocchi nell’hinterland. Né trasportistici, né economici, né di sicurezza legale e militare.



L’ unico modo per contrastare questa emarginazione potrebbe essere quello di potenziare l’asse del Brennero. La linea ferroviaria Verona-Brennero-Monaco, da un lato, e la contigua autostrada del Brennero A-22, dall’altro, rappresentano a oggi il principale asse di collegamento e di trasporto delle merci e delle persone tra la penisola italiana e i Paesi dell’Europa centrale, in particolare l’Austria e la Germania, tradizionale e primo mercato di sbocco dell’export non solo nordestino, ma anche nazionale.

L’asse Verona-Monaco rappresenta anche uno dei punti chiave del progetto del Corridoio paneuropeo n. 1 (Berlino-Halle/Lipsia-Erfurt-Norimberga-Monaco-Verona), un collegamento ferroviario ad alta velocità e per il trasporto combinato lungo l’asse Nord-Sud che, sin dal 1996, è stato incluso dal Parlamento e dal Consiglio europeo nell’elenco delle cosiddette Ten (le reti transeuropee di trasporto). Inoltre, nell’aprile del 2004, in sede comunitaria  il medesimo corridoio n. 1 è stato esteso sino a Napoli e a Palermo, giungendo così a definire un asse della lunghezza totale di 2.200 km.



A oggi, lungo l’asse del Brennero, il trasporto su rotaia – in particolare di merci – recita  un ruolo secondario  Il potenziamento dell’asse ferroviario, infatti, è suscettibile di generare una serie di esternalità positive sul territorio e a livello di sistema, grazie al suo contenuto impatto ambientale -da un lato – e ai benefici che ne discendono in termini di sicurezza e minore incidentalità rispetto al trasporto stradale.

Il progetto del corridoio n. 1 s’intreccia con una serie di altre dinamiche che attengono ai flussi di trasporto a corto e a medio raggio nella bassa valle dell’Inn, perché uno dei nodi critici dell’intero asse è, a oggi, rappresentato dal tratto Hall-Innsbruck, autentico anello debole della catena poiché qui le capacità residue di traffico sono ormai da tempo esaurite e ivi si sovrappongono pure i traffici che insistono sugli assi Nord-Sud ed Est-Ovest. Inoltre, in questa medesima sezione dell’asse che gravita sul Brennero si registra una sorta di inefficiente contrasto tra i traffici locali e quelli a lunga percorrenza, sia di merci che di persone.

Ma lungo l’asse del corridoio n. 1, un ulteriore “collo di bottiglia” è senz’altro rappresentato dal valico del Brennero. Sin dal lontano 1971 l’Unione internazionale delle ferrovie predispose un “Piano infrastrutturale europeo” per studiare le possibilità di potenziamento di alcune delle più importanti linee ferroviarie europee, ivi incluso l’asse del Brennero tra Monaco e Verona. Di lì prese il via da parte delle tre reti interessate (italiana, austriaca e tedesca) uno studio utile a definire alcune proposte con lo scopo di ammodernare e potenziare, in un primo tempo, la linea esistente e di procedere poi – nel medio e lungo termine – alla realizzazione di un nuovo collegamento che avesse al centro una galleria di base scavata al di sotto della catena alpina.

Allo stato attuale, il potenziamento dell’asse ferroviario del Brennero si scontra con rilevanti problemi di finanziamento delle nuove opere che ne dovrebbero costituire l’ossatura principale. La realizzazione del tunnel di base del Brennero non è sufficiente, da sola, ad assorbire i flussi di traffico attesi per il futuro e, pertanto, nella sezione italiana della linea Monaco-Verona si rende necessaria una serie di altri interventi volti a raggiungere quanto meno un potenziale di 240 treni in transito al giorno lungo l’attuale linea storica.

A oggi, la conclusione della prima fase di potenziamento della linea storica delBrennero – e cioè la realizzazione delle sole tratte prioritarie poc’anzi menzionate e del tunnel di base sotto il valico alpino – è attesa per il 2018, quando non per il 2020, mentre il pieno quadruplicamento della linea Monaco-Verona dovrebbe essere portato a termine per il 2030.

Accanto alle opere infrastrutturali, è senz’altro necessario procedere pure all’implementazione di un’autentica politica a sostegno del trasporto su ferro, per andare incontro anche alle istanze e alle sensibilità dell’opinione pubblica locale. Il sistema dei trasporti non solo del nostro Paese, infatti, ma anche su scala europea, rimane squilibrato in favore della gomma e le istituzioni debbono lavorare in modo intenso per migliorare l’immagine e la fruibilità del ferro tra gli operatori del tessuto economico di qui ai prossimi anni.

Ma se tutto questo è vero, il centro intermodale di Verona assume un ruolo strategico che potrebbe dare all’Italia una funzione importantissima per tutto l’insieme delle opere che abbiamo evocato, dal nord teutonico alla Sicilia. Ciò non potrebbe non portare a un ripensamento della nostra politica avionica con il declassamento di fatto di un aeroporto disassato – come Malpensa – da qualsivoglia esigenza economico-geografia, così da propugnare la decisa creazione di un  nuovo polo aereo cargo nell’asse orizzontale Brescia-Verona che invererebbe così un essenziale collegamento intermodale attrattivo sia delle imprese e dei servizi italiani, sia di quelli tedeschi e austriaci in forma diretta, consentendo i più facili collegamenti con Duisberg intercettando la via della seta.

Ma un altro evento logistico è accaduto recentemente. Accade in Egitto, dove le navi container hanno iniziato a solcare il raddoppio del Canale di Suez ben prima dell’inaugurazione ufficiale di questa grande opera gigantesca, che è avvenuta il 6 agosto 2016. Essa era prevista per il 2017, ma la rapidità dei lavori ha stupito tutti gli osservatori internazionali: 72 km che consentono la doppia circolazione di 50 navi al giorno, con la prospettiva di raddoppiarne il  numero e le previsioni di incassi doganali per un valore di 13,2 miliardi di dollari ogni anno sino al 2023.

Se la nazionalizzazione del Canale nel 1956 segna primo passo per una relativa indipendenza economica dell’Egitto, oggi il Canale che continua a essere un punto archetipale tra il Mar Rosso e il Mediterraneo e tre continenti, Europa, Africa del Nord e Asia sino all’ heartland, configurandosi come un asse essenziale per i commerci mondiali, garantendo altresì sinora 5 miliardi di dollari all’anno alla nazione egiziana con gli introiti doganali.

Nell’attuale situazione di crisi economico-strategica dell’Egitto dopo le infauste primavere arabe e il crollo del turismo per l’attivismo terroristico del Daesh, il raddoppio del Canale è fondamentale per garantire la ripresa economica e far sì che attorno alla nazione si stringano le potenze interessate alla sicurezza e alla sconfitta del Daesh. Il progetto di Al Sisi è ben vasto e preciso: creare altresì una valle tecnologica di valore mondiale con una rete di imprese tutta attorno al Canale. Per l’Italia anche questa è un’occasione essenziale: far parte di questo sforzo di ricostruzione e nel contempo raccogliere la sfida di fare di Taranto il porto di riferimento per le merci che attraverseranno il Canale medesimo in concorrenza con il Pireo, controllato non a caso dai cinesi.