I vertici della “vecchia” Popolare di Vicenza sono sotto indagine da otto mesi, ma il disastro della banca è stato raccontato praticamente solo dalle cronache finanziarie. Dalla Procura di Vicenza non è uscito finora un solo verbale, un solo brandello d’intercettazione, una minima indiscrezione. E in ogni caso, di fronte a 114mila proprietari di azioni che in due anni hanno visto il loro valore tagliato da 62,5 a 0,1 euro, gli inquirenti indagano ancora ufficialmente solo per “ostacolo alla vigilanza” e “aggiotaggio”: nulla che riguardi ipotesi di reato vicine alla bancarotta, perché a Vicenza questo è accaduto sul piano finanziario.
Ad Arezzo la Banca dell’Etruria è stata commissariata 15 mesi fa ed è stata infine “risolta” lo scorso novembre. Da allora la Procura locale ha aperto numerosi fascicoli d’inchiesta e “avvisato” numerosi esponenti degli ex vertici. Ma sugli sviluppi delle indagini si sa poco: si è saputo qualcosa di più sugli accertamenti disciplinari avviati dal Csm sullo stesso procuratore capo di Arezzo, fortemente sospettato di attenzioni particolari verso il milieu politico-fin anziario locale, In ogni caso, mai che sui media sia comparso uno scampolo di intercettazione o di verbale d’interrogatorio riguardante, ad esempio, l’ex vicepresidente dell’Etruria Pierluigi Boschi, padre dell’attuale ministro delle Riforme. È stata data in pasto qualche polpetta riguardante i rapporti fra gli ex vertici Etruria e malavitosi più o meno in colletto bianco, più o meno già noti, più o meno borderline fra la Toscana, Roma, la Calabria, la Sardegna.
A Siena il caso Mps si è aperto – dal punto di vista giudiziario – nel febbraio 2013, ma si è formalmente chiuso poco più di un anno dopo. L’ex presidente e alcuni dirigenti sono stati indagati, processati e condannati per aver nascosto alla vigilanza della Banca d’Italia le condizioni reali di operazioni strutturate di indebitamento. A lato è emerso un piccolo giro di malversazioni da parte di un gruppo di funzionari sulle operazioni in cambi (la cosiddetta “banda del 5%”). Nel frattempo Mps è in situazione paragonabile da quella in cui si è ritrovata la Popolare di Vicenza: il Tesoro italiano ne è già azionista ed è probabile che estenda la parziale “nazionalizzazione”. E per la verità il Monte non è una banca “stabile” dal 2007: da quando comprò per 9,3 miliardi l’AntonVeneta dal Santander, pagandola infine 10,1 miliardi al lordo di tutte le “spese d’intermediazione”.
Dopo quasi 9 anni, la crisi a Siena, è irrisolta, forse aggravata, nonostante due aumenti di capitale. E in 9 anni la Procura locale non ha mai indagato sui come e sui perché di una crisi bancaria che è già costata molto al sistema-Paese, anche senza essere deflagrata: basti pensare alle decine di sedute “nere” in Piazza Affari zavorrate dal titolo Mps; oppure all’esordio scurissimo dell’Unione bancaria per il sistema italiano, con il Monte “peggior banca dell’eurozona” nell’ottobre 2014.
Non sappiamo se il dottor Piercamillo Davigo, nuovo e combattivo presidente dell’Anm, si riferisse in senso lato anche al settore bancario – e ai versanti più critici di interfaccia con la politica – quando ha preannunciato che la “sua” magistratura non farà sconti a nessuno nella lotta “democratica” alla corruzione. Corruzione evidentemente intesa come negazione intenzionale della legalità, come rottura degli equilibri corretti fra poteri pubblici ed economia, in definitiva come creazione di instabilità e distruzione di fiducia. Di certo quella bancaria è una prateria che la magistratura finora non è sembrata molto ansiosa di cavalcare. E dove il problema della riservatezza dei materiali d’indagine, della loro rilevanza o meno, della loro relazione con la libertà di stampa e la trasparenza democratica non sembra esistere; a dispetto del gigantesco dibattito pubblico in corso.
Riservatezza totale. anche senza leggi-bavaglio o circolari di autoregolamentazione. La stagione eroica delle Opa del 2005, che tennero a battesimo le intercettazioni come strumento di democrazia diretta, sembra preistoria. E quando poi qualcosa viene accertato dalla vigilanza Bce, “sarebbe meglio non si occupassero dell’Italia” (Matteo Renzi, ieri, RaiUno).