«Non basta approvare delle leggi per fare le riforme. Il governo Renzi ha prodotto molte nuove norme, ma il vero problema sono i regolamenti attuativi e la loro effettiva operatività. Una volta arrivate sul territorio le riforme dipendono dalla maggiore o minore rapidità di Regioni e Comune». Ad affermarlo è Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università degli Studi di Torino. Giovedì il presidente della Bce, Mario Draghi, ha affermato: “Molte riforme strutturali sono state attuate negli ultimi anni, soprattutto in quei Paesi più colpiti dalla crisi. I benefici sono ora visibili, ma ci sono molti altri vantaggi ancora su cui puntare e quindi c’è bisogno di fare molto di più”.
Lo scudo della Bce protegge i Paesi più deboli dai rischi dello spread. Questo fa sì che siano meno invogliati a fare le riforme?
Ha centrato perfettamente il punto: questo è il dilemma della politica monetaria. Nel breve termine è necessario lo scudo della Bce per evitare che gli Stati più in difficoltà vadano in crisi. A lungo andare però se il governo riesce comunque a respirare non ha molti incentivi a fare di più e a mettersi a correre. L’ideale sarebbe quindi avere un sistema che da un lato dà l’ossigeno giorno per giorno ai bilanci statali quando è necessario, dall’altra penalizzi chi non fa le riforme. Con gli Stati in difficoltà “esistenziale”, il Fmi ha risolto questo problema erogando loro degli aiuti a tranche.
È questa la soluzione che dovrebbero adottare anche le istituzioni europee?
Il vero problema è che se un Paese non ha la volontà politica di attuare le riforme, è molto difficile che le faccia soltanto per un vincolo economico. Le riforme non sono mai dei giochetti tecnici quanto piuttosto un atto politico, perché penalizzano qualcuno e avvantaggiano qualcun altro ridistribuendo le risorse. In questo modo si vanno a colpire le categorie sociali come le libere professioni che fanno da intermediario tra i cittadini e l’amministrazione o chi beneficia di privilegi consolidati nel tempo come i tassisti.
Renzi e Padoan continuano a ribadire che le riforme sono già state fatte. È veramente così?
Bisognerebbe distinguere tra l’approvazione delle leggi, i regolamenti di attuazione e la fase effettiva dell’operatività. Sul piano delle nuove norme questo governo ha fatto molto, portando a casa la riforma della scuola e numerose altre misure. I regolamenti attuativi si stanno facendo invece con maggiore lentezza, perché richiedono di confrontarsi con le singole situazioni sul territorio. Bisogna poi vedere chi attua leggi e regolamenti, perché Regioni e Comuni possono essere più o meno solerti nel farlo.
Per Carlo Sangalli (Confcommercio), “siamo di fronte a una ripresa senza mordente”. È d’accordo con lui?
La ripresa non è uno sprint da centometristi, quanto piuttosto una maratona. Quindi non ha senso monitorarla giorno per giorno, perché i tempi sono fisiologicamente più lunghi: si misura come minimo in trimestri. La ripresa va calcolata nel medio-lungo periodo, e in questo credo che abbia ragione Padoan: la somma e l’intensità dei segni positivi hanno una tendenza ad aumentare. Che poi la tendenza possa avere dei mesi in cui si indebolisce e altri in cui aumenta è un fatto fisiologico. In un’economia che sta cambiando soprattutto per effetto dell’elettronica è difficile andare al di là della tendenza. Da un punto di vista politico, per le opposizioni è facile sottolineare tutte le fasi leggermente negative all’interno di questa tendenza per sostenere che la ripresa non c’è.
Lei dove la vede la ripresa?
Nell’edilizia cominciamo a registrare degli indicatori abbastanza solidi che rappresentano dei segni premonitori come la conclusione di mutui e l’inizio di nuovi cantieri. L’effetto complessivo sull’economia italiana si vede però dopo un certo tempo. I mutui devono trasformarsi in lavoro per gli architetti, capitolati, contratti con le imprese, e solo a quel punto si inizia a lavorare nei cantieri. Tutto questo richiede dei tempi lunghi. Proprio per questo, la vera riforma che non è mai stata fatta è quella che riguarda l’autorizzazione dei lavori e degli impianti, cioè tutto quello che tocca gli investimenti.
(Pietro Vernizzi)