Non passano ventiquattr’ore dal discorso della vittoria che il neo-sindaco pentastellato di Torino Chiara Appendino chiede già le dimissioni del presidente della Compagnia San Paolo, Francesco Profumo. Rivendica il potere del Palazzo di Città di indicare il numero uno della fondazione che è prima azionista (11%) di Intesa Sanpaolo. Contesta, la 31enne bocconiana, la scelta di Piero Fassino di designare Profumo a campagna elettorale già iniziata e nonostante i dubbi manifesti degli altri candidati come lei.
L’eco giunge subito a Milano, che nella stessa notte è diventata la Fort Alamo del Pd renziano, dopo la risicata vittoria di Giuseppe Sala. È a Milano il quartier generale di Intesa Sanpaolo, “banca di sistema” per eccellenza, architrave dell’ultima affannosa manovra salvabanche del governo via Atlante. È a Intesa Sanpaolo che ha lavorato a lungo come Ceo Corrado Passera: passato anche lui, nella notte di domenica, dal ruolo di ex candidato al Comune di Milano a improvviso “candidato forte” alla guida di UniCredit. La più grande banca italiana è pressata da ogni lato – ma in modo speciale dalle Borse – per individuare in tempi rapidi un successore a Federico Ghizzoni, sfiduciato da molti soci e consiglieri.
In edicola, intanto, su “Affari & Finanza” di Repubblica non passa inosservata un’intervista a Francesco Gaetano Caltagirone. Il primo imprenditore-finanziere di Roma è aperto nel dirsi interessato a incrementare la sua partecipazione in UniCredit e Generali. Lo dice proprio ieri mattina, quando per le vie della capitale sono ancora in corso i festeggiamenti per la schiacciante vittoria di Virgina Raggi, gemella di quella di Torino. Un successo sicuramente sgradito a Caltagirone, attestato con il suo “Messaggero” a sostegno dei grandi eventi e grandi progetti urbanistici sposati da Roberto Giachetti.
Se c’è una piattaforma “strutturale” nel sistema-Paese che ha subito avvertito le forti onde d’urto scatenate dai ballottaggi di domenica è stata quella bancaria: disastrata finché si vuole, ma pur sempre nucleo e cardine del capitalismo finanziario e industriale nazionale. Anche se il primo avviso di sfratto è giunto a Profumo – ex ministro dell’esecutivo Monti – le due vittorie grilline a Roma e Torino sembrano premere su molti Vip di quell’establishment. Difficile immaginare Caltagirone messo all’angolo nella sua Roma, ma non è banale vederlo ostentare attenzione per i suoi possedimenti al Nord. Ed è curioso sentirlo citare UniCredit e Generali (tuttora controllate da Mediobanca) come una sorta di approdo sicuro, quasi come alternativa alla scomoda opposizione al Campidoglio grillino.
Fra Roma e Torino c’è un altro personaggio ritrovatosi straniero in casa: Luca di Montezemolo. È contro la vecchia Torino del superatissimo compromesso storico Fiat-Pci che la Appendino è scesa in campo e ha vinto.È a favore del progetto “Olimpiadi a Roma 2024”, visto che il vecchio general manager di Italia ’90 e in parte di Torino 2006 si era fatto fotografare assieme con il presidente del Coni Giovanni Malagò: progetto targato Pd renziano, stampella per Giachetti. Ora Montezemolo si ritrova solo vicepresidente di UniCredit: e forse solo formalmente rappresentante di Al Aabar, fondo sovrano di Abu Dhabi. Dietro il tentativo di blitz su Passera Ceo in Piazza Gae Aulenti è visibile anche la sua mano. Non l’unica.
Dietro i bagliori e le cortine fumogene che accompagnano la disfida di UniCredit anche Fabrizio Palenzona, altro potente vicepresidente, sta forzando i tempi. Anche l’ex presidente dc della Provincia di Alessandria rischia di trovare sbarrate le porte di Torino, dove ha sede quella Fondazione Crt: cioè da vent’anni il piedistallo di un potere personale che – al suo massimo – ha spaziato da Mediobanca ad Autostrade, agli Aeroporti di Roma.
Sarà la Milano di Sala il grande “Cara” finanziario-renziano dei profughi e migranti del potere finanziario minacciata dall’ondata grillina, nata nelle molte piazze del risparmio tradito?