Complimenti alle candidate del Movimento 5 Stelle, capaci di un risultato straordinario a Roma e Torino: ora, però, vi tocca governare e il fatto che ieri mattina Acea in Borsa perdesse il 4%, fa capire fin da ora che quello di Virginia Raggi non sarà affatto un compito facile. Milano ha scelto Mr. Expo per un pugno di voti, come era preventivabile, visto che i voti Radicali sono andati a Sala e la Lega Nord di certo non ha perso il sonno e versato sudore e lacrime per il candidato troppo moderato. Bologna dimostra che un centrodestra a trazione salviniana non sfonda ma è capace di fare male, visto che solo due anni fa l’ipotesi di una candidata leghista nella rossa capitale emiliana che fosse capace, non solo di andare al ballottaggio ma di prendere il 45% dei consensi, sarebbe stata bollata come caso clinico. Napoli è un mondo a parte, ma se ai napoletani va bene così, la democrazia è bella per questo.
Ovviamente si è subito dato un connotato politico nazionale a quanto è accaduto alle amministrative e, di questo, l’ultimo che possa lamentarsi è proprio Matteo Renzi, vista la sua capacità di personalizzare qualsiasi argomento affronti (tra parentesi, complimenti per la bella figura durante la conferenza stampa con Vladimir Putin, anche il mio nipotino avrebbe twittato tutto il tempo per ingannare la noia, ma ha 6 anni e non fa il premier). Sicuri che siano queste elezioni un segnale per Renzi, che siano davvero la Appendino e la Raggi i motivi per cui il premier non pare più tanto sereno?
Io penso che quanto accade in Italia incida davvero poco sul futuro del nostro Paese, ormai, visto che dal 2011 siamo a sovranità limitata ed eterodiretti a turno da Berlino, Bruxelles e Washington. E più che per la figuraccia rimediata da Giachetti al ballottaggio, fossi Renzi mi preoccuperei per il siluro arrivato contro il suo governo dagli Usa sono forma di inchiesta del New York Post sulla morte di David Rossi, capo della comunicazione di Monte dei Paschi, morto cadendo dalla finestra del suo ufficio in quello che per gli inquirenti è stato un suicidio.
L’inchiesta del Post si basa sul filmato delle telecamere presenti sul posto e, in effetti, apre seri dubbi sull’ipotesi della caduta volontaria: perché ora, però? Cui prodest quell’attacco a freddo alla Banca, alla Procura e, di fatto, al governo che di Monte Paschi è tutore e proprietario? Si sa che le banche sono il nervo scoperto dell’esecutivo e, quindi, non penso sia casuale la scelta d’Oltreoceano, né per barsaglio, né per timing. Eppure ieri la Borsa di Milano era tonica, trainata proprio dal comparto bancario. Si festeggia la Appendino?
No, la forte ascesa nei sondaggi dei voti favorevoli alla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue, che adesso appaiono in vantaggio, a seguito dell’omicidio della deputata laburista, Jo Cox, sostenitrice del fronte del sì all’Ue. Rilassamento della tensione che si osserva anche sul fronte del reddito fisso, proprio per la minore avversione al rischio dei mercati che vedono la Brexit più lontana: lo spread tra Btp e Bund ieri ha aperto in calo a 136 punti, dopo essere volato sopra quota 150 giovedì scorso. Ma è vero che i favorevoli al Remain sono in vantaggio? Sì, ma di un’incollatura, pare 52% a 48% stando all’ultimo sondaggio riservato di un grande hedge fund londinese.
Ma attenzione ai colpi di coda e alle sindromi da secondo turno delle elezioni presidenziali austriache, quando a pochi giorni dal voto i giornali sparavano il candidato della destra, Norbert Hofer, in vantaggio di 10 punti percentuali, di fatto chiamando alla mobilitazione gli indecisi, tanto che ai seggi si registrò una partecipazione record. Ed è sempre l’America ad averci messo potenzialmente lo zampino, perché nell’edizione del 18 giugno scorso, Usa Today, il quotidiano più diffuso, ancorché il meno autorevole, sparava una notizia bomba: nonostante la morte di Jo Cox e lo shock che essa ha procurato nel Paese, stando a dati di Qriously, una start-up londinese che traccia dati e intelligence sui sentimenti dei consumatori attraverso interviste telefoniche, il fronte del Remain era crollato dal 40% prima della morte della Cox al 32% dopo l’attentato. Il test era basato su 1992 cittadini britannici sentiti tra il 13 e il 16 giugno e di altri 1002 sentiti il 17 giugno, il giorno della morte della Cox: va ricordato che Qriously non ha mai compiuto sondaggi politici, ma solo indagini di mercato per brand corporate. Agli interpellati veniva formulata la seguente domanda: «Immagini che il referendum sulla permanenza nell’Ue sia tenuto oggi, voterebbe per restare membro o per andarsene dall’Unione?» Tre le risposte possibili: restare, andarsene e non lo so. Per Qriously il 52% voterà per andarsene dall’Ue tra due giorni, un dato che non si è mosso dopo la morte della parlamentare laburista, mentre è la risposta “non so” a essere salita dal 9% al 16% nelle interviste condotte dopo il decesso della Cox.
Per Stephan Shakespeare, fondatore e amministratore dell’agenzia demoscopica YouGov, quanto accaduto nel West Yorkshire non porterà con sé uno scostamento delle attitudini verso il voto, «ma cambierà la natura della campagna referendaria, i suoi toni e il suo clima e questo invece potrebbe avere un impatto». Sarà vero quanto scritto da Usa Today e si è corsi in aiuto di Cameron e del fronte del Remain attraverso il giornale statunitense meno autorevole ma più diffuso al mondo?
C’è poi dell’altro, perché oltre al voto italiano, a quello britannico e a quello politico spagnolo atteso per domenica (e che sarà fortemente influenzato dal risultato del Brexit), c’è un altro evento catalizzatore questa settimana che rischia di passare inosservato, ma che potrebbe invece avere un enorme impatto sui mercati, soprattutto obbligazionari. Sullo sfondo di questa messe di eventi, infatti, resta la decisione della Corte Costituzionale tedesca sul programma Omt (Outright Monetary Transactions) della Bce, il cui verdetto è atteso per oggi e per gli analisti di Commerzbank potrebbe avere un notevole impatto sull’evoluzione futura del Qe della Bce. Per la banca, questo è l’evento settimanale più rischioso per il Bund, perché una decisione negativa dei giuristi tedeschi non metterà a rischio il programma di acquisti della Bce, «ma renderà le future modifiche più delicate».
La Bce ha annunciato il programma Omt nel 2012, per sostenere i bond governativi dell’Eurozona, senza però mai utilizzarlo: di fatto, una pronuncia sul nulla, mero esercizio di stile democratico. Ma un’arma enorme nelle mani della Bundesbank in sede di Consiglio direttivo quando – e non manca molto – Draghi sarà costretto a comprare anche obbligazioni corporate non finanziarie con rating non investment grade e poi, magari, passare alle bancarie, agli Etf e ai Reid per riuscire a restare nel range di 4 miliardi di acquisti di carta aziendale. A quel punto, se avrà dalla sua una sentenza favorevole, Jens Weidmann potrebbe opporre il proprio no e mettere non poco i bastoni tra le ruote al piano di Draghi di ricalcare le mosse e le dinamiche messe in campo dalla Bank of Japan.
Quindi, paradossalmente, in una settimana intasata di impegno ufficiali market-movers, il più importante potrebbe essere oggi. Pur senza essere stato strombazzato, come in effetti accade alle decisioni davvero importanti. Che arrivano all’improvviso, quando l’attenzione è fissata altrove, verso i grandi bersagli colorati che la politica e la stampa ci mettono davanti agli occhi. Ancora una volta, potrebbe essere la Germania a dare le carte in Europa. E trasformare Karlsruhe nell’epicentro del mondo, a dispetto di Londra.
E questo grafico ci mostra plasticamente il perché, visto che come potete osservare, partendo dal 1807, il rendimento del Bund a 10 anni è andato in negativo solo un’altra volta, oltre ad oggi: nel 1922-1923, quando seguì l’iperiflazione di Weimar che lastricò la strada alla conquista del potere da parte di un imbianchino austriaco con velletià di pittore, la cui sinesti politica è stata diffusa recentemente da Il Giornale. E con l’euroscetticismo che ha già trasformato Alternative fur Deutschland nel terzo partito di Germania con il 15% dei consensi, certi paragoni storici – ancorché parossistici – fanno pensare. E impongono di correre ai ripari, fin da subito.