Il tema della “Brexit” è assai inflazionato e con esso si misurano economisti di ogni genere e specie nel tentativo di indovinare quello che succederà questa settimana e di guadagnare, con un po’ di fortuna, il proprio momento di gloria, stante l’esito del referendum, almeno fino a qualche giorno fa, non così facile da decifrare. Sui giornali si alternano scenari normalizzanti a scenari apocalittici sul futuro dell’Europa e del nostro Paese.
Le maggiori case di investimento italiane hanno previsioni, a mio avviso, eccessivamente ottimistiche, considerando l’evento “Brexit” già scontato dal deprezzamento dei mercati finanziari, con conseguenze negative nel breve termine e ripresa nel medio-lungo termine. L’Italia, su cui sono state visibili le possibili conseguenze nell’aumento del prezzo del debito pubblico nel corso della scorsa settimana, sarebbe messa in sicurezza da ulteriori interventi straordinari che la Bce è pronta a porre in essere per fronteggiare il problema. Trattandosi, però, di misure “non convenzionali”, da esse bisognerà pur rientrare, come sta cercando di fare ormai da mesi la Fed negli Stati Uniti. Diversamente, sarebbe un po’ come camminare sempre sorretti da qualcun altro, il che condanna inevitabilmente a cadere. Inoltre, non si valuta il possibile effetto domino che la “Brexit” potrebbe avere sui Paesi del Nord Europa o su quelli chiamati alle elezioni nei prossimi mesi.
C’è persino chi vede opportunità per l’Italia e i Paesi periferici, che potrebbero rivelarsi come destinazione dei capitali in uscita dalla Gran Bretagna a seguito della perdita del passaporto europeo da parte di banche e intermediari finanziari, non senza ritocchi normativi, almeno nel caso dell’Italia, per migliorarne l’appetibilità fiscale rispetto ad altri Paesi quali l’Irlanda, ad esempio.
Tutto questo, dicevo all’inizio, almeno fino a qualche giorno fa. Nel frattempo è successo un imprevisto, che è l’omicidio di Jo Cox, la giovane deputata laburista, che cercava di fare davvero politica, dialogando con i suoi elettori e con la gente per far comprendere le ragioni della necessità di affrontare il problema dell’immigrazione a livello europeo e della permanenza in Europa da parte del Regno Unito.
Eppure il giorno successivo (17 giugno) le borse hanno “festeggiato”, o – se si preferisce – hanno “ripreso fiducia” vedendo allontanarsi lo spettro della Brexit per effetto dell’emozione generale suscitata dalla sua morte. Difficile pensare che il +3,49% realizzato da Milano sia solo una coincidenza, oppure che la performance positiva dei titoli bancari, che in una sola giornata hanno recuperato il 6%, abbia a che fare con un’ingegnosa soluzione al problema delle sofferenze che finora nessuno ha mai escogitato, o ancora che lo spread tra Btp e Bund, tornato in area 149 punti dai 157 di giovedì, sia dovuto a specifiche strategie governative finora tenute sotto chiave.
A mio parere è proprio qui la radice del problema, nel cinismo di questo potere anonimo che approfitta del sangue di una vittima, considerandolo come un prezzo che, una volta pagato anche senza volerlo, sarebbe stupido non sfruttare per sistemare le cose.
A commento dei rapporti Europol e Interpol sulla criminalità internazionale, che ha visto grosse banche, come la londinese Hsbc, accusate di riciclaggio di ingenti somme provenienti da associazioni mafiose o terroristiche, pagando una semplice ammenda per evitare conseguenze penali, il Presidente della Banca di Inghilterra, Mark Carney, avrebbe detto – secondo fonti di stampa – che crimini finanziari non sono frutto dell’azione di alcuni banchieri, tanto cattivi quanto potenti, ma “il prodotto di una cultura finanziaria che ha perso la bussola morale, avvelenata da frode, avidità e azzardo”.
Che cosa si può fare in tale situazione? Non saprei di preciso; le soluzioni non le ha in tasca nessuno. Certamente sono necessarie serie riforme. Visto che i presidi di controllo, pure esistenti e in forma capillare, sembrano non funzionare come dovrebbero, sarebbe forse opportuno salvaguardare la funzione di servizio pubblico svolta dalle banche. In fondo, ogni banca è, per così dire “sistemica”, come dimostrano i circa 11 miliardi di euro di risparmi bruciati in Veneto per il deprezzamento delle azioni di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.
Sono però convinto che occorra qualcosa di più radicale, poiché una buona norma, che per definizione è sempre migliorabile, non rende buono chi la usa: ha ragione il Papa nel ribadire che la crisi non è innanzitutto economica, ma antropologica. Sì, ci vuole, prima di tutto, qualcosa di antropologico, di intimo, come commuoversi di fronte a una giovane deputata freddata sull’asfalto di Leeds, o di fronte ai migranti che annegano nel Mediterraneo. Forse qui davvero possiamo realizzare tutta la portata laica dell’insegnamento del Pontefice.