Antonio Fazio ha sempre smentito chi lo sottovalutava come “geometra”. Con il public speaking ci ha sempre saputo fare: sia che tenesse sermoni in qualche abbazia benedettina, sia che duellasse in qualche aula parlamentare con Giulio Tremonti ai tempi dei crack Cirio e Parmalat. Anche mercoledì, dopo un lungo silenzio pubblico, l’ex governatore della Banca d’Italia ha detto con molta efficacia ciò che tutti si attendevano dicesse (e forse volevano dicesse). Impagabile per gli amatori – e quasi sicuramente voluto – il riferimento letterale alla “lira” nell’invettiva contro le velleità della nuova vigilanza bancaria accentrata presso la Bce: “Quando la vigilanza era esercitata dalle banche centrali nazionali i risparmiatori italiani non hanno mai perso una lira”, ha detto Fazio, a più di dieci anni dalle sue dimissioni forzate dopo l’estate rovente di AntonVeneta e Bnl.



Dopo una lunga fase a cavallo fra inferno e purgatorio e una faticosa riabilitazione giudiziaria, l’ultimo vero banchiere centrale euroscettico nonché capo di una vigilanza bancaria nazional-nazionalista, l’altro giorno non aveva nessun motivo per rinunciare a essere se stesso: cioè l’esatto contrario di Mario Draghi. E non è affatto escluso che lo “stregone di Alvito” (così lo apostrofò Diego Della Valle) si sia in fondo compiaciuto del fatto che per scalzarlo da via Nazionale, la finanza globale – allora al suo zenith – abbia dovuto schierare un banchiere predestinato a diventare presidente della Bce: un vero campione di quell’oligopolio egemone contro cui il capo della Banca d’Italia aveva deciso di resistere da solo (anche se non con gli alleati giusti).



Contese élitarie a parte, la polemica di Fazio fra passato e presente ha convinto solo in parte. Non è del tutto vero che “quando c’era lui” i risparmiatori non hanno perso nulla: gli obbligazionisti di Parmalat e Cirio hanno sofferto perdite gravi per manovre come minimo discutibili delle grandi banche, leste a “cartolarizzare” i loro debiti sul mercato retail. Quanto alla “vigilanza preventiva” (quella burocratica e dirigista delle banche centrali nazionali pre-euro) non è affatto evidente la sua maggior efficacia rispetto a quella microprudenziale di Basilea 3 e dell’Unione bancaria.



I crack dei Banchi e delle Casse meridionali negli anni ’90 sono stati pagati dal sistema bancario italiano non troppo diversamente da come negli ultimi otto mesi sono dovuti intervenire in tutta fretta il Fondo di risoluzione e poi Atlante per salvare Etruria, Vicenza, Veneto Banca, ecc. . Non saranno andati in fumo all’epoca i depositi di Banco di Napoli e Banco di Sicilia, ma i patrimoni delle rispattive Fondazioni sì. E una certa Popolare di Vicenza – già presieduta da Gianni Zonin – era portata in palmo di mano come “salvatrice” da quella Bankitalia non meno della Capitalia di Cesare Geronzi.

Fazio, sicuramente, può rivendicare la creazione di una sorta di “Atlante di fatto” ai tempi della scalata di solidarietà nazionale di banche e fondazioni alle Generali. Ma quando forse aveva più ragioni da vendere – nel tentativo di opposizione alle Opa “selvagge” orchestrate dalla City sulle banche italiane nel 2005 – si trincerò nel bunker di via Nazionale non diversamente da un altro dittatore a Berlino qualche anno prima.

Perse la sua vita di banchiere centrale, oggi ha riconquistato – non ingiustamente – la dignità e il diritto di parola. Ma i tempi sono inesorabilmente cambiati. E Fazio dead banker speaking una provocazione reale la sferra: via Nazionale – a differenza di “quando c’era lui” – oggi è un palazzo vuoto.