Con il referendum Brexit della Gran Bretagna sull’uscita dall’Unione europea è accaduto l’inevitabile. Non si possono però dominare – non governare – i popoli per venti e più anni e poi stupirsi se la storia riemerge come l’Atlantide nonostante fandonie, propaganda e addirittura un omicidio. Basta confrontare l’aplomb della regina Elisabetta con il fu Barroso e il misero Juncker inseguito dai finanzieri per capire ciò che voglio dire.



L’ondata politica internazionale frutto della crescente disuguaglianza, che assume le forme non del populismo ma della rivolta gingoista, ossia del nazionalismo dei poveri e dei declassati, non poteva non riversarsi sull’emblema stesso della distanza tra popoli e istituzioni, ossia la tecnocrazia inetta e incompetente (vedi Mario Monti and company) della zona euro. Se poi a questa si è posta a capo, per ragioni demografiche, geopolitiche, di egemonia culturale e in campo economico, la Germania, che mai doveva essere riunificata, il gioco è fatto: la bomba è esplosa e la Brexit ha vinto. 



Le conseguenze sono quelle previste: giù la sterlina, alta volatilità degli assets britannici, forse scarsità di liquidità internazionale per eccesso di speculazione (eppure la liquidità è enorme). E allora nuove iniezioni di moneta regolate dalla Bce e dalla Banca d’Inghilterra che potrebbe alzare i tassi ingenerando una confusione terribile, ma arginando l’inflazione e la speculazione.

Per quanto riguarda l’Italia, il cambiamento dal punto di vista commerciale è pressoché ininfluente, valendo i nostri scambi circa il 3% di quelli totali del Regno Unito. Più essenziale sarà invece continuare ad alimentare le buone relazioni con quell’industria della Gran Bretagna con cui abbiamo un rapporto tradizionalmente fecondo, come ad esempio tra Westland e Agusta attraverso Finmeccanica: nulla che non possa essere regolato con una rapida rinegoziazione degli accordi commerciali italiani ed europei. Non prendo neppure in considerazione l’accentuazione polemica che viene dalla Lega Nord di Salvini, perché il gingoismo è questione ben più seria delle rivendicazioni di un capo politico che mi è simpatico, ma con il quale non posso essere d’accordo.

Ora è dunque tutto nelle mani degli dèi che cadono, ossia dei personaggi wagneriani che sinora hanno fatto gli sbruffoni quando invece bisognava far diversamente: rinegoziare subito i trattati di commercio, ecc. In caso contrario l’Occidente si devertebrerà verso l’Asia ai cui orizzonti gli inglesi già guardano da tempo con Xi Jinping ricevuto in carrozza dalla Regina. L’Europa allora altro non si trasformerebbe che in una marca tedesca.