Brexit poteva essere e Brexit ora è realtà. Il popolo inglese ha detto di no a un progetto sbagliato, un progetto deciso sopra le loro teste, un progetto al quale nessun popolo ha dato il proprio assenso, quando è stato interpellato. Un progetto che il popolo (e non solo quello inglese) ha percepito infine come proprio nemico. Ed è precisamente questo il punto: si tratta di un progetto nemico dei popoli. La violenza verbale dei commenti seguiti al referendum ne è la migliore evidenza. E gli stessi commenti mostrano anche la superficialità delle ragioni fondative dell’Europa attuale. Qui infatti non è solo in gioco l’esistenza dell’Europa, ma di quale modello di Europa si vuole proporre o imporre. Vediamo alcuni di questi commenti rivelatori.
“Ha la faccia paciosa, le gote rosse e il sorriso a 36 denti. Le spara grosse, che più grosse sono più fanno rumore. Ma Nigel Farage non è un idiota, anzi… Farage è furbo. E pure un po’ furbetto.«Il 23 giugno celebreremo il giorno della nostra indipendenza» gioisce dopo il referendum per cui si è tanto prodigato. E aggiunge: «Abbiamo vinto senza sparare un colpo», caduta di stile clamorosa, dopo l’omicidio della deputata Jo Cox nemmeno dieci giorni fa per mano di un fanatico”. Capito lo stile raffinato del commentatore Matteo Basile, apparso sul quotidiano Il Giornale di sabato 25? Senza colpo ferire, ha dato dell’assassino all’eurodeputato Farage. Gli ha attribuito quanto meno la responsabilità morale delle azioni di uno squilibrato: e per questo avrebbero dovuto votare “Remain”?
Il tema della violenza, in particolare della guerra, è stato usato a piene mani in questa campagna referendaria, sia in Gran Bretagna che nel resto dell’Europa. Il ritornello è il solito: dobbiamo sostenere un progetto che ha mantenuto la pace in Europa per 70 anni, per tre generazioni; non era mai accaduto, ci hanno ripetuto. Con una faccia tosta incredibile, stanno tentando di cancellare dalla nostra memoria 200 mila morti nella guerra etnica della ex Jugoslavia (non è quella Europa?), quella guerra combattuta tra eserciti regolari, che in troppi casi si sono rivoltati verso l’inerme popolazione civile compiendo atti orribili di pulizia etnica. Una guerra nella quale lo stupro è tornato a essere un’arma di guerra. Una guerra alla quale pure i nostri caccia hanno dato il loro contributo di morte dal cielo.
Così come si tenta di farci dimenticare, con una menzogna che ha dell’incredibile, quello che Francia e Inghilterra hanno fatto in Libia per cacciare Gheddafi. E pure si vuole far finta di niente su quello che stiamo facendo ora in Siria, da ormai due anni. E quello che è successo in Ucraina non è forse guerra, con tanto di eserciti impegnati sul terreno, appoggiati e riforniti da stati europei e da copiosi finanziamenti Usa? O qualcuno vuole affermare che l’Ucraina non è in Europa, anche se ormai sono avviati e sono a uno stadio avanzato le trattative per farla entrare nel club dei paesi europei? Le trattative sono a uno stadio avanzato, ma i copiosi finanziamenti europei sono già arrivati in Ucraina.
E che dire poi del terrorismo che da oltre un decennio flagella l’Europa? Non è forse la conseguenza delle scellerate azioni belliche in Medio oriente e in Africa, fomentate (con la fornitura di armi) e finanziate dagli stati europei? E le sanzioni commerciali che stanno affamando il popolo siriano cosa sono? Interventi umanitari?
Inoltre, si tenta di far finta di niente sul fatto che i popoli europei hanno subito gli stessi effetti di una guerra, da un punto di vista economico e demografico. La caduta della produzione industriale in Italia non ha precedenti, se non ai tempi della guerra mondiale. E lo stesso vale per la caduta demografica nel 2015.
A proposito di Ucraina, ricordate quello che disse la Nuland (Usa) al telefono, in un’intercettazione poi diffusa su tutti i media? “Fuck Europe”, l’Europa si fotta. E se possono dirlo certi funzionari Usa, perché non può dirlo un popolo sovrano? Questo devono spiegarci i sostenitori del “ci vuole più Europa”, che dal giorno dopo il Brexit hanno ripreso il loro ritornello con maggiore foga. E devono spiegarlo in fretta, poiché nel giro di un anno ci saranno elezioni in Olanda e Francia, dove la Le Pen è già ampiamente vista vincitrice delle elezioni. Il popolo inglese ha aperto una breccia nella diga europea, ora rischia seriamente di venire giù la diga. Ma non credo lo permetteranno. Come ha commentato l’ex premier Mario Monti, secondo lui è stato un errore indire un referendum sul tema, ma per fortuna in Italia un referendum del genere non è possibile. Questa è l’idea di democrazia che hanno: va bene solo se serve al loro piano.
Quello di cui dobbiamo renderci conto è il modello di Europa che oggi tentano di imporci. Il modello è evidente quando i signori dell’Europa ci richiamano all’alto ideale dei padri fondatori. Ma gratta gratta, il padre fondatore inteso dai burocrati europei è solo uno: il radicale Altiero Spinelli, noto antifascista che in esilio a Ventotene stilò un manifesto che prevedeva una federazione di Stati europei, qualcosa che mai si erano sognati i veri padri fondatori dell’Europa (De Gasperi, Schumann e Adenauer), autori di quel Trattato di Roma che garantì davvero pace e sviluppo in tutta Europa. Ma con il Trattato di Maastricht e poi con il Trattato di Lisbona è divenuto dominante un modello differente, quel modello che ha voluto fare prima l’unione monetaria di quella politica proprio per imporre con la forza della finanza agli stati europei quelle modifiche che altrimenti mai la politica, che ancora dipende dalla democrazia e dalle elezioni, avrebbe accettato. Quel modello di Europa che ha costretto alle dimissioni prima il premier greco (solo per aver accennato alla possibilità di un referendum) e poi quello italiano (che aveva minacciato l’uscita dall’euro).
E l’irrazionalità di questo progetto è reso manifesto da altri commenti. In molti infatti hanno criticato sia il fatto che il premier inglese Cameron abbia lanciato la sfida con il referendum, poi impegnandosi a sostenere la parte del “Remain”, sia i numerosi errori delle istituzioni europee, incapaci di rispondere alle crescenti necessità e bisogni dei popoli. L’accusa ai burocrati europei (Junker, Barroso, Schmidt, Trusk) è quella esplicita di essere degli incapaci. Però concludono i loro ragionamenti affermando che ora ci vuole una scossa, ora ci vuole davvero “più Europa”. Ma più Europa per cosa? Per dare ancora maggiore potere agli stessi che si sono dimostrati incapaci?
“Europa, svegliati” è stato il titolone a tutta pagina sul quotidiano Il Sole 24 Ore. E questo il commento del direttore Roberto Napoletano. “L’errore politico più grave che l’Europa potrebbe compiere è quello di fare finta di niente, di continuare a girarsi dall’altra parte… Non abbiamo più tempo per vertici vuoti e inconcludenti, il Consiglio europeo non è la sede giusta per prendere decisioni forti, immediatamente produttive, bisogna che lunedì nell’incontro a tre (Merkel, Renzi e Hollande), l’Europa si svegli e batta un colpo… Bisogna che la Germania si convinca che il suo straordinario surplus venga speso per un rilancio di cui godano tutti i cittadini europei a partire da quelli tedeschi. Renzi e Hollande devono dimostrare di avere le capacità e la forza politica per persuadere la Merkel a completare l’unione bancaria con la garanzia unica sui depositi, varare un grande piano di investimenti con o senza eurobond e condividere, parallelamente, i debiti pubblici nazionali non in nome di una solidarietà pure necessaria tra Paesi del Nord e Paesi del Sud, ma piuttosto sulla base di una convinzione di ideali e di convenienze altrettanto fondata. È così difficile, ad esempio, comprendere che il rischio rappresentato dai derivati nelle pance delle banche tedesche e francesi è di certo non inferiore a quello delle sofferenze delle banche italiane robustamente coperte da un’invidiabile dote di garanzie collaterali? … I mercati non aspettano né i comodi inglesi né i tempi scanditi dalle pigrizie e dagli egoismi dell’Europa di oggi, e ahinoi fanno pagare ai Paesi ad alto debito il costo più pesante dell’incertezza politica. L’Italia deve essere in prima linea con Germania, Francia e Spagna nel chiedere e ottenere un’Europa federale che metta in comune difesa, debiti e politiche espansive”.
Capita la soluzione proposta? La sovranità di 28 popoli non può essere decisa nel Consiglio europeo, ma in un circolo ancora più ristretto e lontano dai cittadini. E non c’è nessuna considerazione sul fatto che così si va verso la dittatura (fascista o comunista è solo un dettaglio, ma io la definisco comunista, vista la vicinanza con tanta ideologia di sinistra). E poi parla di soluzioni che non è possibile applicare e non applicheranno mai (condivisione del surplus tedesco, condivisione dei debiti, ecc.) non solo perché ovviamente il popolo tedesco non li accetterà mai, ma soprattutto perché non sono convenienti per la finanza. Pensiamoci un attimo: la finanza guadagna di più dai titoli di Stato della Grecia se i debiti sono sicuri anche perché condivisi, oppure guadagnano di più se la Grecia è a rischio fallimento e gli interessi sul debito è alle stelle, ben sapendo che in caso estremo poi interviene la Bce a sostenere lo Stato e permettere il pagamento degli interessi a banche tedesche e francesi? E cosa propone infine il direttore Napoletano? Più Europa, cioè una federazione di stati, cosa impossibile per le singole costituzioni e per le monarchie ancora presenti in Europa.
Purtroppo anche in ambito cattolico le voci non sono all’altezza della situazione. Mi riferisco in particolare al commento di Ettore Gotti Tedeschi, che sul quotidiano Il Giornale se la prende con il dilettantismo e gli errori dell’Ue. E come conclude? Qual è la sua ricetta? Eurobonds, investimenti chiave per la crescita, protezione del sistema produttivo più vulnerabile da competitori stranieri, creazione di una bad bank per proteggere le banche in crisi per crediti in difficoltà. Insomma, un modo diverso per dire alla fine la stessa cosa: più Europa. Dobbiamo invece essere coscienti di quale sia il piano economico e sociale previsto per i prossimi anni. Ce lo stanno ripetendo in ogni occasione utile: “l’Europa ha bisogno di 40 milioni di nuovi lavoratori entro il 2050”. Mancano 34 anni per far entrare 40 milioni di lavoratori, cioè oltre un milione di immigrati all’anno. E devono essere immigrati, non possono essere nativi europei, gente che pretende diritti e pretende di essere pagata in modo adeguato. No, deve essere gente che fugge dalla guerra, dalla miseria e dalla fame, che si accontenti di un tozzo di pane e nessuna garanzia e nessun diritto sul lavoro. Per questo continua la crisi nel Medio Oriente, per questo continua l’embargo verso la Siria che affama il popolo, per questo continua l’oppressione verso i paesi periferici, a cominciare dalla Grecia.
Invece occorre far ripartire il mercato interno, cioè occorre sostenere l’economia locale, cioè occorrono sistemi di Moneta complementare. E soprattutto occorre quella cosa preziosissima che le istituzioni europee hanno completamente perso: occorre la fiducia. E la fiducia rinasce solo in un incontro, per un rapporto personale che si consolida nel tempo e che trae la sua ragionevolezza da fatti già accaduti. Prima dell’economia locale, occorre una comunità locale che si ponga esplicitamente il compito di “difendere la morale e la civiltà di fronte ai tempi bui che incombono” (MacIntyre).