La domanda che ci si deve fare dopo l’annuncio dell’accordo che ha “salvato” la compagnia aerea Meridiana è se l’Italia potrà uscire da una crisi in cui è caduta non solo per ragioni puramente economiche legate a una situazione mondiale, ma per l’incapacità imprenditoriale che ormai pone settori interi della nostra economia sotto il controllo diretto di entità straniere. Sapere poi che i principali complici di queste operazioni sono il Governo e i sindacati a lui fedeli, quelli cioè legati alla politica, mette in luce dei percorsi che rischiano di bloccare integralmente l’Italia e metterla in uno scontro sociale notevole.
Definire positivo un accordo in cui l’ennesima compagnia aerea emiratina, Qatar Airways, acquisisce il controllo di Meridiana e nel quale si riproduce lo schema dei licenziamenti tra il personale più anziano (400 persone circa) rappresenta uno schiaffo alla storia industriale del nostro Paese, che anche nel settore aeronautico ha avuto molto da dire e insegnare. Ormai non più, pare, ma bisogna anche chiedersi come mai le risorse tecniche per risorgere esistono ma non hanno voce in capitolo, visto che il gioco politico-sindacale pare ormai trasformarsi nel notaio di certe vicende più che in protagonista.
Meridiana è l’ex Alisarda, la compagnia area creata dall’Aga-Khan cinquanta anni fa, inizialmente con una funzione di aerotaxi per alimentare la jet-set che frequentava la Costa Smeralda, altra creazione del Principe mediorientale, poi trasformatasi in un vettore a livello nazionale che si è sempre distinto sia per professionalità che stile, trasformandosi nella seconda compagnia aerea italiana. Fatto che nel 1991 indusse al cambio di nome in Meridiana, all’ampliamento della flotta, alla creazione di una base a Firenze con un aumento del numero di passeggeri trasportati che toccò la considerevole cifra di 3.500.000 nel 2000. Nel dicembre 2006 Meridiana acquisì Eurofly per cercare di svilupparsi dopo la crisi del settembre 2001 che l’aveva colpita, ma alterne vicende e sopratutto una gestione non omogenea portarono la compagnia in crisi fino ad arrivare all’integrazione con il vettore Air Italy nel 2011. Ma le mai appianate divergenze con il proprietario di quest’ultima compagnia, il Comandante Giuseppe Gentile (divenuto nel frattempo Ad di Meridiana) provocarono la sua uscita e il ritorno della quota di maggioranza nelle mani dell’Aga Khan. L’estrema concorrenza delle low cost su di un traffico nazionale in cui si operava una concorrenza sleale (vettori privati finanziati da province e regioni negli aeroporti) hanno sentenziato la fine del vettore, nonostante la ricapitalizzazione effettuata nel 2013.
A nulla sono serviti i tagli, la riduzione del network e del personale: la totale mancanza di un piano per il trasporto aereo nazionale, settore considerato vitale per l’economia in altri Paesi, ha portato a una situazione molto simile a quella dell’ex Alitalia dei “capitani coraggiosi”, senza però aver potuto usufruire dei vantaggi fiscali e operativi di questi ultimi.
Ed eccoci all’ultimo atto, quello attuale, con l’entrata di Qatar Airways: come per Etihad, l’acquisizione di una compagnia italiana, quindi dell’Ue, rappresenta il cavallo di troia che, se continuato, porterà altri effetti sul trasporto aereo non solo nazionale. Sebbene sia innegabile che le compagnie emiratine posseggano grandi capitali e siano in grado di penetrare in Europa sfruttando le crisi di vettori continentali, è altrettanto innegabile che nell’arco degli anni ciò abbia costituito il salatissimo prezzo da pagare a una politica e un sindacalismo che hanno sempre badato a difendere i propri interessi senza mai sviluppare quello che dovrebbe essere un loro dovere: creare un sistema Paese Italia in grado di rilanciare il settore, anche attraverso la difesa delle proprie risorse, che invece in questo modo scompariranno calandoci sempre più in una crisi che, per incapacità, non ci fa approfittare anche delle situazioni economiche favorevoli (come il calo del prezzo del petrolio, per esempio).