La tensione sale intorno ad Alitalia. Dopo lo sciopero di questa settimana e soprattutto dopo le dichiarazioni del Presidente Luca Cordero di Montezemolo, che ha ammesso che l’azienda perde circa 500 mila euro al giorno, la compagnia aerea è di nuovo al centro dall’attenzione.

L’arrivo di Etihad, colosso dei cieli medio-orientale, ha indubbiamente cambiato completamente la gestione del vettore italiano, che tuttavia continua a soffrire. Questo potrebbe sembrare strano, nel momento in cui tutti i maggiori vettori macinano utili (a eccezione di Air France-Klm) grazie alla caduta del prezzo del petrolio. Come mai allora Alitalia ha perdite nell’ordine di oltre 100 milioni di euro all’anno?



Per comprendere quanto sta succedendo è bene approfondire le specificità del trasporto aereo. La nuova Alitalia a trazione Etihad ha deciso di sviluppare il proprio hub a Roma Fiumicino. Con un sistema hub and spoke, la compagnia porta i passeggeri a corto raggio verso l’aeroporto romano per poi farli ripartire verso destinazioni a lungo raggio. Questo risponde a una logica del trasporto aereo: non è possibile infatti collegare città come Trieste o Palermo direttamente con New York (fino all’arrivo delle compagnie low cost a lungo raggio), ma questi passeggeri dovranno andare verso Roma Fiumicino per poi ripartire in direzione della città americana. In questo modo il volo tra Trieste e Roma Fiumicino non si riempie solo grazie ai passeggeri che vogliono muoversi tra le due destinazioni, ma anche grazie a tutti quei viaggiatori che da Trieste vogliono spostarsi verso destinazioni intercontinentali. I voli tra Trieste o Palermo verso Roma si chiamano feeder, perché alimentano l’hub di passeggeri. 



Qual è il problema in questa strategia di Alitalia? Semplicemente la concorrenza. Infatti, le low cost hanno deciso di entrare in maniera decisa sull’aeroporto di Roma Fiumicino. Nell’estate dello scorso anno Ryanair, Vueling ed Easyjet hanno aggiunto circa 200 voli settimanali. Un numero impressionante, secondo solo a quello registrato in tutto il sistema aeroportuale londinese (grande quasi quattro volte Roma). Le compagnie low cost fanno voli a corto raggio andando direttamente in competizione con i voli di feederaggio di Alitalia, che si ritrova dunque in grande difficoltà.

Cosa può fare Alitalia? Ci possono essere diverse soluzioni, ma indubbiamente cercare di ridurre al minimo i costi è essenziale. Da qui nasce lo sciopero del personale di questa settimana. A oggi in Alitalia il personale di volo poteva viaggiare gratuitamente per raggiungere la propria base di partenza. Tuttavia, da contratto, il personale dovrebbe stare entro 50 chilometri dal proprio posto di lavoro per ragioni logiche legate all’operatività. Tutte le compagnie aeree fanno pagare il passaggio in “strapuntino” con tariffe che coprono le spese aeroportuali, quindi a dei prezzi veramente stracciati. Alitalia vuole mantenere le agevolazioni (come le altre compagnie), ma togliere la gratuità completa.



In effetti, a un ingegnere meccanico non viene riconosciuto nessun benefit per raggiungere il proprio posto di lavoro e non si capisce il perché invece debba essere riconosciuto al personale di volo. Perché allora il personale si è scagliato così duramente in difesa di questo “privilegio”? Questa posizione deriva dal fatto che Alitalia per anni ha chiuso un occhio, perché nel rilancio della compagnia del 2009, il vettore aveva aperto diverse basi (quali Catania o Venezia ad esempio). Con l’arrivo di Etihad e il nuovo piano industriale, il network di Alitalia si è concentrato invece solo su Milano e Roma, chiudendo di fatto le altre basi. Il personale che prima viveva a Venezia, dovrebbe dunque spostarsi entro 50 chilometri dalla propria base di lavoro (Milano o Roma) come prevede il contratto. Alitalia ora deve razionalizzare i costi e non può più permettersi di mantenere questo privilegio. Non ci sono tante soluzioni, se non quella che, senza il taglio di tutti i costi, la compagnia dovrà portare i libri in tribunale.

Vi è un’altra soluzione per Alitalia di lungo periodo. La fusione con Air Berlin, di cui Etihad mantiene una quota di maggioranza, è l’unico modo per arrivare ad avere un’altra immissione di capitale da parte di Abu Dhabi. Infatti, a oggi Etihad controlla il 49% di Alitalia e non può crescere ulteriormente per via della legislazione comunitaria vigente. Se infatti salisse sopra questa quota, Alitalia perderebbe lo status di vettore comunitario e la possibilità di volare liberamente nei cieli europei. Una legge assurda che tuttavia è molto difficile da cambiare viste le resistenze dei grandi operatori quali Lufthansa e Air France-Klm.

La fusione tra Air Berlin e Alitalia potrebbe inoltre a portare delle sinergie tra due vettori che continuano ad accumulare perdite. In definitiva, Alitalia, viste le perdite, non può non tagliare tutti i costi e i “privilegi”. I sindacati ne devono prendere atto perché la soluzione alternativa è portare i libri in tribunale.