«Per le banche italiane si è creata una situazione molto difficile che è l’anticamera di una crisi di sistema europea. La maggiore disponibilità di Bruxelles nei confronti delle richieste del nostro Paese nasce dal fatto che ci si è resi conto di questi rischi». A spiegarlo è Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel corso dell’Ecofin le istituzioni europee hanno concesso delle aperture alle richieste del nostro Paese. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha sottolineato: “Ho piena fiducia nel governo italiano, sta lavorando duro con la Commissione, troverà una soluzione che rispetti le regole, credo sia possibile molto prima del referendum di ottobre”.
Professore, quale misura risolverebbe il problema banche alla radice?
In tempi eccezionali, il modo più diretto sarebbe che il governo italiano intervenisse temporaneamente a sostegno delle banche. Dopo la Brexit, i fondi speculativi hanno creato un grande squilibrio di mercato perché le azioni delle banche sono solo vendute e non comperate. Da questo punto di vista la situazione è molto seria,e alla luce di tutto ciò non credo che possa servire un’azione di moral suasion sui mercati come in passato è avvenuto da parte del governatore della Bce, Mario Draghi.
Perché ritiene necessario un intervento del governo?
Un intervento pubblico è inevitabile per un motivo fondamentale: lo stock del debito italiano è molto elevato, al punto da risultare dello stesso ordine di grandezza della Germania e della Francia. Gli istituti di credito cercano capitali privati, ma questi ultimi non hanno intenzione di andare a rischiare i propri soldi nella situazione attuale. Si è quindi creata una situazione molto difficile che è l’anticamera di una crisi di sistema europeo. Se ne sono resi conto, e quindi c’è una disponibilità maggiore a venire incontro alle richieste italiane.
Quale strumento sarebbe il più efficace?
Il tema della stabilità oggi deve dominare con forza le considerazioni europee, e le modalità con cui ciò può avvenire sono davvero molteplici. La situazione limite è che lo Stato intervenga direttamente, sia pure in modo temporaneo. Se questa operazione fosse fatta bene sarebbe la cosa migliore. Non verrà fatto, e quindi probabilmente si ricorrerà a un braccio operativo come Fondo Atlante.
Con quali compiti?
Il principale sarà quello di fare pulizia soprattutto a livello di management. La direzione di alcune delle banche più discusse, oltre ad averle portate al fallimento, ha continuato a percepire lauti stipendi per un crac di cui pagano le conseguenze i risparmiatori. Occorre quindi cambiare totalmente quei management e quei consigli di amministrazione che hanno gestito in modo irresponsabile le banche.
I rischi vanno condivisi?
Sì, è necessaria una qualche forma di condivisione del rischio. Se infatti dovesse verificarsi nuovamente quanto è già avvenuto con le obbligazioni subordinate, il rischio diventerebbe reale. In sintesi lo Stato deve intervenire, e può farlo in modo diretto o indiretto. Proprio perché le banche sono un soggetto di sistema, quando si creano problemi perché la vigilanza non è stata attenta è giocoforza che lo Stato intervenga per salvaguardare le banche stesse, i risparmiatori e la capacità del credito.
Ci dobbiamo aspettare che l’intervento arrivi prima o dopo gli stress test?
Prima di procedere bisognerà attendere l’esito degli stress test, che non è ancora stato reso noto. È probabile che dagli stress test emerga che alcune banche italiane hanno fortemente bisogno di un indirizzo pubblico.
Quali conseguenze avranno gli stress test?
Nelle segrete stanze di Francoforte incomincia già a circolare un’idea di come possano andare a finire gli stress test. Non mi meraviglierebbe che la disponibilità di Bruxelles verso l’Italia sia già un anticipo di un esito non molto favorevole per alcune banche del nostro Paese. Il problema è che alcune mele marce rischiano di guastare tutte le altre, e questo per una carenza di management che in passato non ha brillato. Ciò che occorre sono interventi molto mirati, perché ci sono banche i cui requisiti patrimoniali vanno rafforzati e altre i cui requisiti vanno allentati.
(Pietro Vernizzi)