«La situazione di incertezza sui mercati legata alla Brexit continuerà anche nei prossimi mesi». Lo asserisce Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore, secondo cui «agli occhi degli osservatori internazionali e dei mercati, il sistema bancario italiano è il punto di possibile attacco nel caso in cui ci fossero delle ondate speculative». L’Italia ha ottenuto dalla Commissione Ue delle garanzie pubbliche per le banche qualora queste abbiano difficoltà a reperire liquidità sul mercato. Si tratta di una scelta “precauzionale”, cioè da utilizzare qualora vi sia un’emergenza sul fronte della liquidità.



Dopo la tempesta sulle Borse all’indomani della Brexit, tutto sembra essere ritornato nella normalità. È veramente così?

Sicuramente c’è stato un rimbalzo, ma sarei cauto nel dire che la situazione è tornata sotto controllo e che il quadro è cambiato completamente dopo le turbolenze dei giorni immediatamente successivi al referendum. Le conseguenze di Brexit sono da valutare piuttosto nel medio periodo.



Dopo il referendum britannico, il Centro Studi di Confindustria ha tagliato le previsioni sul Pil italiano. Significa che la Brexit non riguarda soltanto il mondo finanziario?

Le conseguenze della Brexit sono ancora tutte da valutare, anzi non sono nemmeno convinto che l’uscita del Regno Unito dal’Ue ci sarà veramente. La situazione politica in Gran Bretagna è aperta a tutte le incognite. Andiamo verso le dimissioni di Cameron e soprattutto verso la ratifica parlamentare del referendum. È chiaro comunque che la valutazione di Confindustria fa riferimento a una serie di dati che incominciano ad affluire dall’economia reale. Stando a questi dati emerge che ci sono dei contraccolpi inevitabili. Non possiamo cavarcela quindi dicendo che i problemi riguardano soltanto gli inglesi, in quanto anche per l’Europa ci sono delle ricadute.

Come valuta la Brexit dal punto di vista politico?

Da un punto di vista politico la Brexit rappresenta una rottura talmente importante che la stessa Cancelliera tedesca, Angela Merkel, nel suo discorso alla Bundesbank ha invitato a gestirla con calma ed equilibrio.

Quali saranno i prossimi passi?

In primo luogo bisognerà attendere che il Regno Unito prenda l’iniziativa ai sensi dell’articolo 50 del Trattato europeo. Sappiamo che comunque prima di settembre questo non avverrà. Nel frattempo sul tavolo ci sono le dimissioni del premier David Cameron, e si apre dunque una fase molto complicata e ancora tutta da scrivere. Importanti commentatori ed esponenti politici parlano della possibilità che si arrivi a un percorso in cui la Brexit alla fine di fatto non ci sarà mai. La situazione di incertezza continuerà anche in questi mesi. Prendiamo quindi atto del rimbalzo delle Borse, ma non illudiamoci che su questo terreno i problemi siano finiti.

L’incertezza legata alla Brexit riaccende un problema anche per quanto riguarda il sistema bancario italiano?

L’incertezza non giova all’Italia a causa dell’altissimo livello del nostro debito pubblico, ancorché sia attiva la protezione della Bce di Mario Draghi. I mercati valutano dunque questo elemento con grande preoccupazione. A ciò si aggiungono i problemi oggettivi del sistema bancario italiano. Negli anni della crisi questo sistema si è dimostrato più solido di altri, e ciò ci ha evitato di dover fare ricorso a soldi pubblici per iniettare risorse nel sistema bancario. Dal 2013 a oggi però sono emersi casi come Monte dei Paschi, Carige e le quattro banche messe in amministrazione straordinaria nel novembre scorso. Come ha detto Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, la Brexit rappresenta un campo di incertezze su cui si può scivolare.

 

Oggi quanto è solido il nostro sistema bancario?

In diversi casi, come per esempio per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza, i problemi del nostro sistema sono rimasti insoluti fino a quando sono stati “scoperchiati” dall’azione della Bce. Agli occhi degli osservatori internazionali e dei mercati, il sistema bancario è il punto di possibile attacco nel caso in cui ci fossero delle ondate speculative. Questo anche alla luce dell’alto debito, che in gran parte è nella pancia del sistema bancario italiano.

 

Lo scudo bancario da 150 miliardi ci mette al riparo da questi rischi?

Lo scudo non è uno strumento che potrebbe essere attivato direttamente se ci dovessero essere problemi di ricapitalizzazione delle banche italiane. Andiamo verso una nuova verifica di stress test e quindi vedremo quale sarà il responso europeo per le banche italiane. Il sistema bancario continua a dire che da questo punto di vista non ci sono problemi e che gli istituti di credito non hanno bisogno di essere ricapitalizzati. La situazione delle banche deve comunque essere monitorata, e non credo che lo scudo da 150 miliardi sia un elemento risolutivo.

 

(Pietro Vernizzi)