«Nonostante le continue promesse del governo Renzi, in realtà la pressione fiscale sta aumentando. Lo documentano i dati della Banca d’Italia, secondo cui nei primi cinque mesi del 2015 le entrate erariali sono aumentate del 4,4% mentre il Pil è cresciuto solo dello 0,4%». Lo rivela il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie. Giovedì parlando di fronte alla platea di Confcommercio, Pier Carlo Padoan ha affermato che tra 2014 e 2015 la pressione fiscale è calata dal 43,2% al 42,9%, e che nel 2016 scenderà ancora. Il governo si impegna infatti a bloccare gli aumenti Iva previsti dalle clausole di salvaguardia e a tagliare l’Ires per le imprese. Ieri il ministro dell’Economia è tornato sul tema delle tasse dicendo che “la pressione fiscale si deve ridurre”.



Professore, dove si trovano i fondi per i tagli delle tasse promessi da Padoan?

Come rivela la Banca d’Italia, nei primi cinque mesi del 2015 le entrate erariali dello Stato sono aumentate del 4,4%. Tra gennaio e aprile 2015 in termini reali il Pil è cresciuto dello 0,4-0,5%, che in termini monetari equivale allo 0,6-0,8%. Ciò indica che le entrate stanno aumentando molto di più del Pil. Il finanziamento della spesa che sta galoppando avviene quindi attraverso questo aumento di entrate.



Perché allora Padoan promette di tagliare l’Ires per le imprese?

La promessa del ministro Padoan è del tutto disonesta, perché se riduce le aliquote a partire dall’anno prossimo quest’anno non avrà perdite di gettito. La riduzione dell’Ires avverrà cioè nel 2017, in un anno in cui le altre entrate per imposte varie stanno aumentando anche in seguito agli accertamenti avvenuti con tecniche diverse. Se le aliquote nominali rimangono uguali, la progressività si inasprisce. C’è quindi un qualche effetto per quanto riguarda l’imposta personale sul reddito, cui si somma l’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie.



Significa che le promesse di Padoan sono solo una presa in giro?

Certamente, sia Renzi che Padoan continuano a dire delle cose non vere: alla riduzione di un’aliquota corrisponde infatti l’incremento di altre. L’esempio emblematico riguarda la tassazione degli immobili. L’Imu sulla prima casa è stata abolita, ma avendo introdotto la Tasi risulta che c’è un incremento della tassazione: nel 2012 il gettito legato agli immobili era pari infatti a 23,8 miliardi, mentre adesso è di 25 miliardi.

A quali altre imposte si deve l’incremento della pressione fiscale?

Nel 2015 i contributi sociali sono aumentati del 2%, mentre il Pil è cresciuto dello 0,6%: anche in questo caso la pressione tributaria è cresciuta. Sono stati tolti i contributi per il contratto a tutele crescenti, mentre sono stati aumentati i contributi in tutti i settori per gli altri contratti in quanto è stata abolita una serie di attività per le quali i contributi erano più bassi.

 

Nel frattempo che fine ha fatto la spending review?

La spending review non c’è più perché il governo non vuole, né può farla. Tagliare la spesa ridurrebbe infatti i posti occupati nelle municipalizzate dai loro amici che di fatto controllano tutti i poteri locali. Il governo continua inoltre a stanziare nuove spese per vincere le elezioni. Del resto prima delle elezioni comunali, Renzi aveva affermato che avrebbe destinato un miliardo di euro a Roma entro i primi cento giorni. Questi soldi certamente non li metterà di tasca propria, bensì con i fondi statali. Quindi non solo nel Comune di Roma non si fa la spending review, ma aumentano anche le spese.

 

Perché non si riesce a invertire la tendenza?

Perché quello di Renzi è un governo basato sulla spesa, e quindi non può ridurre le imposte, ma cerca di aumentarle. L’incidente ferroviario avvenuto vicino a Bari dovrebbe essere l’occasione per controllare meglio le compagnie private, che oggi sono sotto la supervisione di ben due strani organi regionali anziché sotto quella dell’agenzia nazionale competente. Al contrario il governo sta pensando di statalizzare il servizio, mostrando così ancora una volta la sua mentalità dirigista.

 

(Pietro Vernizzi)