Quando ha approvato la riforma della banche popolari, il Parlamento italiano ha fatto come Woody Allen, ha avuto un’idea che non condivideva… Nei giorni scorsi la commissione Finanze della Camera, infatti, ha approvato una risoluzione con la quale chiede al Governo di incentivare la finanza etica e il microcredito. Lo rileva, in un suo articolo su “Libertà eguale”, il segretario generale dell’Associazione nazionale banche popolari, Giuseppe De Lucia Lumeno, protagonista a suo tempo di una dura opposizione alla riforma poi approvata. De Lucia sottolinea come, nella risoluzione, “si sollecita, tra l’altro, a intervenire, nell’ambito della riforma del sistema bancario italiano, per valorizzare il microcredito come strumento di inclusione sociale, di supporto alla imprenditorialità e al lavoro e di contrasto all’esclusione finanziaria. Il Governo, secondo la Commissione, deve promuovere l’ampliamento dell’attività di microcredito attraverso il sostegno all’avvio e allo sviluppo di attività di lavoro autonomo o di impresa, organizzate in qualsiasi forma, e l’inserimento di persone fisiche nel mercato del lavoro”.



E dove sarebbe “l’idea che non condivide” del Parlamento? Nel fatto che questi obiettivi sono, in realtà, il pane quotidiano delle banche piccole in genere e di quelle popolari in specie, pur additate dal governo (e dalla sua maggioranza parlamentare, almeno in occasione della riforma), come la sentina di tutti i vizi. “La Commissione indica anche alcune modalità da mettere in atto che possono essere quelle dei meccanismi premiali e di precise misure fiscali”, sottolinea De Lucia nel suo articolo. “Viene anche proposto, in maniera concreta e precisa, l’incremento del limite di importo massimo di credito concedibile da portare fino a 100 mila rispetto agli attuali 75 mila euro e l’allargamento dei limiti al tipo di imprese finanziabili da parte dei soggetti che svolgono attività di microcredito”.



Meglio tardi che mai: in fondo è una buona notizia. Ma ce n’è anche un’altra, che pure De Lucia sottolinea: che cioè, nonostante gli ultimi dati dell’Istat parlino di “crescita moderata per l’economia”, nonostante la riduzione delle aspettative di crescita del Pil per il 2016, nonostante la Brexit e gli andamenti fortemente negativi delle Borse, nonostante un dibattito spesso poco informato ma molto allarmistico sulla tenuta del sistema bancario italiano, “è da registrare, in controtendenza a tutto ciò, l’incremento del numero delle richieste e della quantità di credito al sistema bancario da parte delle piccole e medie imprese italiane”.



I numeri sono questi: nel secondo trimestre del 2016 l’aumento delle richieste di finanziamenti è stato del 6%; 5,5% quello dell’intero primo semestre rispetto al 2015. Tra aprile e giugno sono stati sfiorati 82 mila euro di importo medio richiesto, cifre che riportano a livelli pre-crisi, con un aumento del 50% rispetto agli anni più bui, quelli del triennio 2009-2011.

“Dunque”, osserva ancora De Lucia, “da una parte, le Pmi non solo hanno bisogno di credito, ma hanno il coraggio di chiederlo, di mettersi in gioco, di rischiare. Dall’altra, il Parlamento, dal canto suo, sollecita a intervenire perché si faciliti l’accesso al credito e, in particolare, si sostenga il microcredito. Le Banche popolari, anche nelle fasi di particolare avversità di questi anni, hanno saputo essere un elemento fondamentale perché le Pmi potessero continuare a svolgere la propria attività di impresa. L’azione anticiclica e stabilizzatrice esercitata ha permesso di mitigare e attenuare i contraccolpi della crisi che, altrimenti, sarebbero stati ancora più duri e dolorosi. Tutto questo è stato possibile grazie alla natura di Banche popolari che le ha contraddistinte per aver mantenuto l’operatività tradizionale fortemente legata alle comunità, all’economia reale quella, appunto, delle Pmi. La prudente allocazione del credito che ha arginato aumenti della rischiosità, non ha impedito alle Popolari di mettere a frutto le relazioni di lungo periodo e la fiducia nei progetti delle imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni”. Così, malgrado la crisi e malgrado le difficoltà dell’integrazione bancaria europea, nella piena consapevolezza che la persona e il suo lavoro rappresentano la più affidabile delle “garanzie”, per le Banche popolari è stato naturale continuare a sostenere il patrimonio rappresentato dall’enorme rete di piccole e medie imprese.

“Oggi, da una così importante sede istituzionale, quale è ancora il Parlamento – conclude il segretario dell’Associazione tra le Popolati – indirettamente si riconosce e si dà ragione a chi, in questi anni, ha continuato a scommettere sulle piccole realtà imprenditoriali e che oggi rappresentano una delle poche possibili via d’uscita dalla crisi come d’altronde queste stesse imprese, con la richiesta di maggiori finanziamenti, stanno a dimostrare”.

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