Dai dati emersi dalle Associazioni dei consumatori, il costo del pranzo di Ferragosto dovrebbe costare in media il 40% in più rispetto al 2001. Tenendo in considerazione i tassi medi d’inflazione, quest’anno arriveremo a sborsare per una tavolata di 8 persone circa 161.81 euro, contro i 134.54 del 2004 e i 115.3 del 2001: una differenza di quasi 50 euro. Già, l’inflazione sarà pure bassa, ma se la cumuli si mostra.



Il costo del pranzo, il 40% in più dal 2001. Ci mancava anche questa. I risparmi invece dal 2001 si sono ridotti, pure i redditi non sono cresciuti. I debiti quelli sì crescono. Crescono le spese, pure gli sprechi, crescono le montagne di rifiuti che smaltiamo. A voler andare per il sottile crescono pure i disagi nell’intessere relazioni umane.



Lo spirito indomito che ci ha sostenuto vacilla; ce n’è ben donde. La precarietà affligge la nostra condizione di consumatori. Se poi giovani ci mettiamo pure la precarietà del lavoro, se anziani la precarietà della salute fa il paio con quella del reddito pensionistico. Quale contributo alla crescita economica è ragionevole attendersi a fronte di cotanta insicurezza? La vita spesa a fare la spesa? Una chimera!

Anzi, se va avanti così si dovrà abdicare all’acquisto, concentrarci sulla domanda, selezionarla, vagliarla. Ridurla? Paura eh! Avete bisogna della nostra fiducia per produrre, della nostra attenzione per poter pubblicizzare le merci, del nostro tempo per gli acquisti! Già che ci siamo disponiamo pure di passioni ed emozioni che possono essere sollecitate. Queste sono le nostre risorse; sono un valore, possiamo metterle a reddito per rifocillare il nostro potere di acquisto.



Voi produttori, voi venditori di professione, voi dispensatori di credito, per quanto ancora potrete sottrarvi all’acquisto? Signori, attenzione, noi cominciamo a mettere in campo la risolutezza di cui siamo capaci: l’indice di fiducia dei consumatori dell’area euro, secondo la lettura preliminare, si è attestato a -7,9 punti a luglio, in calo rispetto al dato definitivo di giugno a quota -7,2. Lo ha reso noto la Direzione generale per gli Affari economico-finanziari della Commissione europea. Il dato è lievemente migliore del consenso degli economisti a -8 punti.

Regolatevi, possiamo fare ancora peggio!