Luglio sarà un mese cruciale per la riparazione del sistema bancario italiano. Non solo perché alla fine del mese ci saranno le pagelle per le banche sottoposte a vigilanza europea, ma, soprattutto, perché la debolezza, reale o percepita, degli istituti potrebbe avere impatti destabilizzanti se non ci fossero soluzioni. Il problema principale è la quantità di crediti deteriorati presenti nei bilanci bancari che impone di congelare molto capitale a copertura del rischio di perdite, lasciandone di meno per gli impieghi. Quello sul lato della solidità degli istituti riguarda la quantità di svalutazione, cioè di perdita, da mettere a bilancio in relazione al patrimonio.
Tale problema è amplificato da una prospettiva di bassi profitti in uno scenario di tassi, e quindi di remunerazione del credito, quasi a zero per i prossimi due o tre anni. E dalle nuove regole “predittive” che nel 2017 imporranno un costo di copertura non solo dei crediti in via di deterioramento, ma anche di quelli “in bonis” segnati da un peggioramento anche lieve, per esempio, del conto economico di un’azienda. Tutto ciò comporta l’urgenza di ricapitalizzare alcuni istituti e di liberare i bilanci bancari dai crediti deteriorati evitando svalutazioni distruttive.
Il punto: le soluzioni non possono essere rinviate. Prova ne è che le banche italiane pagano una de-valorizzazione in Borsa maggiore che altrove. Infatti, la Commissione europea ha permesso al governo di poter erogare fino a 150 miliardi di garanzie per obbligazioni emesse da banche se avessero problemi di operatività nei prossimi sei mesi. In settimana il governo discuterà con l’Ue le formule che permettano l’intervento statale sia nello smaltimento dei crediti deteriorati, sia in eventuali operazioni di ricapitalizzazione preventiva. Tale negoziato è complicato perché le regole europee ammettono “aiuti di Stato” in certe situazioni, ma in modi che in realtà innescherebbero una crisi bancaria mentre in Italia non c’è: le banche non sono insolventi, infatti, ma solo strozzate da pesi dal passato.
Per questo penso che l’azione debba essere rapida e semplificata: lo Stato crei un fondo d’investimento con scala tra i 30 e 40 miliardi per interventi temporanei nel capitale delle banche, per esempio obbligazioni convertibili in azioni, e per sostenere con garanzie la vendita dei crediti deteriorati. E insista di più in sede Ue per attuare questa soluzione sovrana, considerando che alla fine il fondo statale guadagnerà perché una volta riparate le banche produrranno buoni profitti e più credito.