«Tutti coloro che non hanno voluto ricapitalizzare a tappeto le banche prima che cambiassero i regolamenti hanno fatto un errore madornale. La responsabilità è quindi del regolatore italiano ed europeo e di tutti gli amministratori interessati. Oggi le povere banche italiane soffrono per questa sorta di “isteria regolatoria”». Lo afferma Roberto Mazzotta, ex presidente di Cariplo e di Banca Popolare di Milano. Dopo gli stress test, gli analisti hanno evidenziato la necessità di una ricapitalizzazione da 8 miliardi di euro per Unicredit, 7-8 miliardi per Banca Imi, 7,5 miliardi per Mediobanca e 8 miliardi per Equita.



Mazzotta, le banche italiane hanno superato gli stress test. A questo punto il nostro sistema è sicuro?

Alcune banche, che costituiscono un’eccezione, presentano uno squilibrio abbastanza forte. In genere però gli istituti di credito italiani hanno una struttura patrimoniale relativamente solida rispetto a quanto avviene in altre parti d’Europa. Le nostre banche hanno però sulle loro spalle un peso superiore rispetto a quelle di altri Paesi.



Per quale motivo?

Il motivo è che hanno un accumulo di crediti difficili da recuperare che sono il risultato di otto anni di recessione. L’Italia ha perso circa il 25% del suo settore manifatturiero, rappresentato grossomodo da 300mila aziende che sono entrate in difficoltà o hanno chiuso. Erano tutte aziende che lavoravano con gli istituti di credito, e quindi è chiaro che il nostro sistema bancario è molto “pesante”.

Com’è la situazione negli altri Stati europei?

Altri Paesi, in particolare Spagna e Germania, sono ricorsi a denaro pubblico in modo molto pesante e risoluto e hanno ricapitalizzato le loro banche prima che cambiasse la regolamentazione. L’Italia invece per varie ragioni non ha fatto nulla di tutto ciò. Oggi ci troveremmo di fronte a una “normale” ricapitalizzazione, nel senso che dopo un periodo di crisi è normale ricapitalizzare le banche. Il problema è che l’Italia lo sta facendo in un contesto di regole europee che sono state pensate per rispondere a un’economia in buona salute e a un sistema bancario senza pesi pregressi.



Sono le regole europee ad aggravare i problemi delle nostre banche?

Diciamo che il sistema bancario italiano non è malato soltanto per vizi suoi, bensì per una regolazione assolutamente impropria: noi dobbiamo seguire un insieme di regole che non hanno niente a che fare con il fabbisogno del nostro sistema ordinario. Ciò crea tensioni soprattutto sui mercati, i quali guardano agli obblighi regolatori, vedono che i bilanci delle banche italiane hanno un certo peso e quindi fanno il loro “quotidiano impazzimento”. Pertanto le nostre due malattie si chiamano recessione lunga e regolazione impropria.

Di chi è la responsabilità politica di queste due “malattie”?

Tutti coloro che non hanno voluto ricapitalizzare a tappeto le banche prima che cambiassero i regolamenti hanno fatto un errore madornale. La responsabilità è quindi del regolatore italiano ed europeo e di tutti gli amministratori interessati. Oggi le povere banche italiane soffrono per questa sorta di “isteria regolatoria”.

 

Il nostro sistema bancario ha gli anticorpi per reagire?

Se gli organi di Bruxelles e di Francoforte non ci regalano un’idea da burocrazia cavillosa un giorno sì e uno no, probabilmente il nostro sistema bancario se la caverà.

 

Quali sono i rischi politici per Renzi in conseguenza di questa situazione?

Siccome le banche sono malate, e qualcuna è quasi uno zombie, evidentemente fanno una politica del credito piuttosto timida. L’economia che già non vive di una fase di entusiasmi subisce un elemento ulteriore di rallentamento. Per qualsiasi governo un’economia che tira vuole dire molto consenso, un’economia che tira poco vuole dire consenso che cala.

 

Quindi?

Se l’economia non tira il governo diventa quindi più impopolare. Se poi un’operazione di intervento è resa tremendamente difficile dalle regole Ue, le cose si complicano ulteriormente. Il mercato non misura più il valore di un’impresa o l’attendibilità di un bilancio, bensì soltanto il rischio da regolatore: la ritengo un’anomalia pazzesca.

 

(Pietro Vernizzi)