Il Consiglio dei ministri mercoledì si è riunito l’ultima volta prima della pausa estiva per continuare a dar corpo alla riforma della Pubblica amministrazione, con provvedimenti riguardanti in particolare la digitalizzazione e la riduzione delle società partecipate. Una riunione avvenuta in un clima diverso rispetto ai mesi di agosto più recenti: non sembrano esserci situazioni di emergenza, anzi in questi giorni c’è persino il rendimento dei Btp decennali che continua a far segnare nuovi minimi storici. Per Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, Renzi e i suoi ministri stanno in realtà cercando di «trovare il modo di migliorare l’immagine del Governo agli occhi dell’opinione pubblica, non solo in relazione alla riforma della Pa, ma anche ad altri interventi come quello sulle pensioni».
Professore, cosa ne pensa degli interventi sulla Pa?
Il problema è che abbiamo, soprattutto nel campo degli enti locali, una massa di imprese che andrebbero privatizzate, ma con quanto ha in mente il Governo avremo non una vera privatizzazione delle municipalizzate, ma una semi-privatizzazione facoltativa. Bisognerebbe invece obbligare queste imprese alla privatizzazione, creando ovviamente prima le condizioni perché siano “acquistabili”. Il punto è che il Governo non può parlare di privatizzazioni totali, perché è un discorso impopolare in periodo elettorale.
Cosa ne pensa invece della situazione generale, visto anche il rendimento dei Btp decennali ai minimi storici?
Questo dato del Btp non è significativo, perché c’è un eccesso di liquidità dovuta al Qe della Bce e ai tassi zero che rende conveniente qualsiasi investimento che dia un rendimento positivo. Dal punto di vista invece dei parametri di finanza pubblica, la situazione è molto delicata, perché l’Europa ci chiederà quanto meno di portare il deficit all’1,5% del Pil. Ci vorrà quindi una manovra di rientro. Ma il Governo vuole anche stanziare delle risorse per la riforma delle pensioni. Senza dimenticare una grossa “spada di Damocle” che pende sulla nostra testa.
Quale?
C’è il rischio fondato che l’agenzia di rating Dbrs, l’unica che mantiene ancora una A sull’Italia, riveda al ribasso il suo giudizio. Se ciò avverrà ci saranno problemi per le banche, per le quali diverrà più costoso avere finanziamenti presso la Bce. Inoltre, tutte le obbligazioni di soggetti pubblici, compresa la Cassa depositi e prestiti, varranno di meno. Sarebbe uno smacco internazionale che Renzi non può permettersi. La situazione quindi è da questo punto di vista piuttosto difficile.
Secondo lei come si comporterà il Governo?
Renzi, per cercare di vincere il referendum, vorrà fare una manovra accattivante. Ma, come detto, dovrebbe invece farne una di rientro. Non so bene come si comporterà. Anche perché la Legge di stabilità è ormai legata al referendum, visto che deve essere presentata prima del voto. Non so neanche bene cosa potrebbe accadere se alle urne dovesse vincere il No. Il Governo potrebbe cadere? La manovra varrebbe ancora?
A parte “disinnescare” le clausole di salvaguardia, secondo lei in questa manovra cosa si dovrebbe fare?
Il primo obiettivo della manovra dovrebbe essere quello di riportare il deficit/Pil a livelli accettabili per l’Europa. Senza esagerare, perché visto che la domanda è debole non si può fare una manovra troppo restrittiva. Credo che in questo senso 6-7 miliardi possano essere sufficienti. L’importante è che il Governo faccia partire poi degli investimenti pubblici.
Perché?
Perché è ancora possibile accendere il motore della crescita. Se avessimo un trend del Pil che cresce, un trend dei prezzi che si riaggiusta e un trend di debito/Pil che decresce, sia pure di poco, l’Italia può farcela. L’importante è alimentare, accendere il motore della crescita. Attualmente è quasi spento perché negli ultimi mesi abbiamo avuto una semi-recessione rispetto all’anno scorso. È comunque un obiettivo a portata di mano, basta seguire una politica di investimenti e non di bonus per vincere le elezioni.
(Lorenzo Torrisi)