Sabino Cassese non è solo il decano dei costituzionalisti italiani (in questa veste parteciperà al prossimo Meeting di Rimini per discutere le prossime riforme assieme al ministro Maria Elena Boschi). Cassese è da anni confidente e consigliere degli italiani che prendono le decisioni-chiave per il destino del Paese: anzitutto gli inquilini del Quirinale, ma non ultimo il presidente della Bce Mario Draghi. Quando ieri sul Corriere della Sera Cassese ha scritto dei tempi troppo lunghi per il recupero dei crediti bancari in contenzioso in Italia, ha interpretato perfettamente questo ruolo: da giurista esperto ha condensato in un “op-ed” un più che probabile scambio di vedute con i vertici di Bce e Bankitalia all’indomani del temuto stress test Eba, pubblicato venerdì scorso.
Ha smorzato gli entusiasmi, il giurista, per un presunto “scampato pericolo”: con il solo Mps bocciato, ma appena dopo l’annuncio di un piano di salvataggio di mercato. Guarda caso Cassese ha prevenuto di poche ore una mezza doccia gelata giunta ieri in Borsa su tutti i titoli creditizi. I mercati non sembrano convinti che la massa di sofferenze bancarie accumulate da Mps e da altri gruppi sia in sicurezza. E sembrano ancora molto cauti sul ruolo che potrà recitare il fondo Atlante: il quale si ritroverebbe peraltro in portafoglio “non performing loans” di recupero particolarmente problematico.
Il nodo degli Npl – ha ricordato Cassese – rimarrà sempre finanziariamente irrisolto all’interno dell’Azienda-Italia fino a che il recupero crediti non verrà realmente sveltito e deviato dai meandri paludosi della giustizia civile. Il vero “aiuto pubblico” che il governo Renzi può dare alla soluzione della crisi Mps e a quella più generale del settore è quindi una cornice regolamentare aggiornata che tagli i tempi di rientro.
È’ tuttavia inevitabile che il suggerimento autorevole riapra una questione sostanziale posta già in primavera dall’aggravarsi della crisi bancaria e dal lancio di Atlante. Il fondo nazionale “salva banche” è stato programmaticamente contrapposto a diversi interessamenti avanzati da grandi gruppi finanziari globali per interventi combinati sulle banche sottocapitalizzate e appesantite da Npl. Apollo su Carige e Fortress su Popolare di Vicenza sono stati fermati anche da campagne di opinione che li hanno etichettati come “avvoltoi”. Una contestazione controversa anzitutto allorché il prezzo d’acquisto proposto per i diversi pacchetti di Npl non appariva diverso da quello applicato dal Fondo nazionale in occasione delle quattro risoluzioni bancarie del novembre 2015.
Ma la polemica più strutturale contro i “fondi avvoltoi” è stata legata al timore che degli operatori professionali del recupero crediti avrebbero messo i debitori (soprattutto quelli “incagliati” in maggiori difficoltà) sotto maggior pressione rispetto a quella esercitata da banche italiane o – in prospettiva – da Atlante. Ora tuttavia è una voce come quella di Cassese ad auspicare che ai creditori (banche o Atlante) vengano garantiti tempi più brevi e procedure più efficaci per far valere il loro credito.
Non è sorprendente: il successo di uno strumento di mercato come Atlante (che ha promesso il 6% di rendimento annuo ai suoi sottoscrittori) è strettamente legato alla celerità del recupero crediti. Ma a questo punto quale senso ha distinguere fra “buoni” e “cattivi” sul fronte dell’acquisto e gestione degli Npl? Per di più il salvataggio (ponte) di Mps sarà reso possibile da un maxi-finanziamento da parte di JPMorganChase: che non sarà un “avvoltoio”, ma ha pur sempre il suo nido a Wall Street.