Matteo Renzi ha messo a segno un risultato mediatico, anzi da vero e proprio show business. Ventotene dove è stata concepita l’idea di una Europa federale, la tomba di Altiero Spinelli, la portaerei Garibaldi, una conferenza stampa alla luce del tramonto, un mare Mediterraneo placido e splendente che ricorda però la scia dei morti, la tratta degli uomini, il dramma dell’esilio, la tragedia dell’immigrazione clandestina, lo spettro del terrorismo islamico. Dopo la Brexit, l’Europa riparte – questo il messaggio di fondo – e riparte da un ménage a trois (chiamiamolo così perché parlare di direttorio sembra inopportuno, senza dubbio prematuro) tra i più grandi dei paesi fondatori. Sarà vero? Dipende da che cosa è emerso in concreto, al di là dei fuochi d’artificio. Difficile saperlo nei dettagli, perché il più dovrebbe essere emerso dalla cena tra Renzi, Angela Merkel e François Hollande.



Il tema centrale è stato l’immigrazione. La Merkel ha ricordato che la Germania ha cambiato linea e ha aperto le porte. Ma ha difeso l’accordo con la Turchia come possibile modello su scala più generale. Renzi ha colto la palla al balzo e ha detto che lo stesso schema può essere applicato nel Mediterraneo centrale. Quindi si tratta di andare in Africa e intervenire a monte. È questo il succo della linea italiana, la quale ha bisogno di un sostegno politico, di uomini e di denaro, perché il modello turco si regge su una consistente erogazione monetaria da parte di tutti gli stati europei, Italia compresa naturalmente. Hollande gli ha dato ragione, anche se nel frattempo la Francia ha fatto capire, con la forza prima ancora che con la ragione, che non intende far passare nessuno da Ventimiglia. Si vedrà solo al vertice di Bratislava se questa impostazione prenderà corpo davvero.



Il secondo punto riguarda l’economia. Qui, Renzi si è presentato con una lunga serie di debolezze. Il prodotto lordo ristagna, il deficit pubblico è al 2,3% del Pil invece dell’1,8% previsto, il debito continua a crescere, le banche sono sotto stress e così via. In conferenza stampa ha ribadito che andrà avanti con la linea delle riforme e con la riduzione del disavanzo statale, ma accanto c’è bisogno di rilanciare l’economia con investimenti pubblici. Un’ipotesi che potrebbe favorire l’Italia è un piano Juncker per la cultura. Ma anche questo richiede una complessa discussione e un’insidiosa trattativa.



E la flessibilità? Non era in agenda, se ne parlerà nel prossimo bilaterale italo-tedesco, ma certo aleggiava nell’aria e un giornalista tedesco ha sollevato la questione. La Cancelliera ha glissato, non prima di ricordare che l’attuale patto di stabilità consente già di essere interpretato e gestito in modo flessibile. È la linea che Berlino ha sempre ripetuto: non si esce dal seminato, si cerchi qualche spazio all’interno del patto. Sapendo bene che di margini ce ne sono pochi e sono quasi tutti sfruttati. Se non riparte la crescita, il rischio è che l’Italia non riesca arrestare dentro il 3%.

Quanto alle speranze di aver lanciato a Ventotene la futura guida l’Europa, Angela Merkel ha sottolineato che “questo è uno dei tanti incontri che precedono il vertice di Bratislava”. Nessuna scortesia, nessuna voglia di sottovalutare l’impatto simbolico dell’appuntamento, ma un richiamo alla realtà, a mettere i piedi per terra come lei sa fare molto bene. Del resto, non c’è aria di grandi architetture o di svolte strategiche perché sia in Germania, sia in Francia incombono le elezioni del prossimo anno. Lo ha ricordato un giornalista a Hollande, citando la notizia che oggi in Francia fa le prime pagine: la candidatura ufficiale di Nicolas Sarkozy. Il presidente francese ha lasciato cadere visibilmente seccato. Ma la domanda è stata un richiamo alla prosaica verità quotidiana che sta dietro i voli pindarici spinelliani e le evocazioni storiche.

La strada è lunga e accidentata. Renzi ha annunciato che si voterà solo nel 2018, lo ha fatto alla vigilia del vertice anche per dare un messaggio ai suoi ospiti: davanti a voi non c’è un padrone di casa con un piede nell’uscio, l’Italia può garantire continuità. Tra un anno Hollande non ci sarà più, la Merkel non si sa (magari continuerà a guidare il Paese dietro le quinte), Renzi sarà ancora a palazzo Chigi. O no? In tutta Europa ormai si guarda al referendum italiano sulla riforma costituzionale come a una nuova Brexit. Probabilmente la preoccupazione è esagerata. Ma né la Merkel, né Hollande possono credere che nulla cambierà se vince il No.