Si chiama “Casa Italia” ed è il nuovo progetto del governo per la prevenzione antisismica e il dissesto del territorio. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso di un’intervista al TG1. L’obiettivo è prevenire eventuali nuovi sismi dopo il terremoto che ha colpito l’Italia centrale il 24 agosto scorso. Renzi ha spiegato: “All’Europa diciamo che quello che serve per questa cosa lo prendiamo, punto”, promettendo “tempi chiari, il coinvolgimento della popolazione, un controllo evidente ed efficace sui soldi”. Il premier ha citato, insieme alla prevenzione antisismica, anche altri progetti come quello per l’efficientamento energetico, la lotta al dissesto idrogeologico e le bonifiche. Il governo non ha specificato quali cifre intende investire, anche se ritiene che i costi di breve termine per le emergenze causate da disastri naturali possano essere scomputati dal deficit e dal debito. Ne abbiamo parlato con Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma ed editorialista di Avvenire.



Che cosa ne pensa del piano “Casa Italia” annunciato da Renzi?

Si può fare un parallelo con l’efficientamento energetico. Questo secondo tipo di intervento, che tra l’altro è sostenuto dall’ecobonus con un credito d’imposta pari al 75%, produce un guadagno che consiste nella riduzione della bolletta energetica. Ciò fa sì che l’investimento sia redditizio per le energy saving company (le società private che realizzano l’efficientamento energetico, assumendo su di sé l’onere della spesa iniziale, ndr).



Che cosa emerge da questo confronto?

Già con questo vantaggio economico il mercato dell’efficientamento energetico sta partendo molto lentamente, tanto che si parla di ulteriori stimoli necessari oltre all’ecobonus. Tra questi ci potrebbero essere la cessione dello stesso ecobonus alle energy saving company da parte degli inquilini e un credito agevolato per le imprese stesse che realizzano l’investimento. In ogni caso se già l’efficientamento energetico stenta a decollare, è ancora più difficile realizzare investimenti per la prevenzione antisismica.

Perché?

Perché in quest’ultimo caso non c’è un rendimento dell’investimento che viene fatto. A meno di considerare come tale l’aumento del valore della casa, che però non è qualcosa di monetizzabile come può essere il fatto di pagare di meno la bolletta dell’energia ogni mese.



Con quali problemi nasce il piano “Casa Italia”?

Fondamentalmente il problema degli interventi di prevenzione antisismica è che avvengono tutti o in gran parte a carico della finanza pubblica. Si tratta quindi di negoziare una deroga sul deficit con la Commissione Ue, considerando la prevenzione antisismica come un investimento strutturale. Prima di allora non sarà possibile stabilire quale somma destinare a “Casa Italia”.

Quello di Renzi è davvero un piano, come lo definisce lui, o soltanto un annuncio?

Per quanto riguarda “Casa Italia” mancano quei dettagli che invece abbiamo con maggiore precisione nel caso dell’ecobonus. Ci dovrebbe essere un seguito più strutturato per potere affermare che sia un piano e non un annuncio.

 

In concreto di che cosa c’è bisogno?

Il problema alla basa è che la prevenzione antisismica non ha un rendimento di mercato, bensì soltanto un rendimento sociale in termini di sicurezza e di minore rischio di perdita delle vite umane. Però sicuramente è un tipo di intervento che può comportare un onere per la finanza pubblica.

 

Il nostro governo riuscirà a convincere l’Ue a scomputare questi investimenti dal deficit?

Renzi ha affermato che farà così, ma in questo modo sta ammettendo pubblicamente che il nodo per la finanza pubblica c’è e che l’unica soluzione è che i costi di questi investimenti non siano computabili nel deficit. Si tratta però di un risultato che il nostro governo deve ottenere attraverso una trattativa politica con l’Unione Europea.

 

La prevenzione antisismica è in grado di fare ripartire il Pil?

Ci potrebbe essere un indotto, e quindi un effetto indiretto sul Pil. Bisognerebbe però calcolare il moltiplicatore di questo investimento pubblico. Se il moltiplicatore è maggiore di uno è chiaro che in quel caso avremmo un impatto positivo sui rapporti debito/Pil e deficit/Pil, ma è difficile dire a priori se ciò avverrà. A oggi non abbiamo un’idea precisa di quanto possa essere questo moltiplicatore.

 

A quali condizioni potrebbe venirne fuori un piano serio?

Renzi dovrebbe convincere l’Unione Europea che esiste un moltiplicatore maggiore di uno, o che comunque il rendimento sociale dell’investimento è superiore al costo. Il presidente del Consiglio può quindi persuadere l’Ue puntando sul fatto che questo tipo di investimento salva delle vite umane e attiva degli investimenti privati che possono rimettere in moto il Pil.

 

(Pietro Vernizzi)