Nei giorni scorsi il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha illustrato le linee guida della prossima legge di bilancio che si baserà sul ritiro anticipato per i lavoratori più anziani, l’estensione della quattordicesima per chi percepisce una pensione al di sotto di una certa soglia, un risparmio fiscale di 1.000 euro l’anno per le partite Iva e il rinnovo contrattuale per i dipendenti pubblici. Per Claudio Borghi Aquilini, docente di economia degli intermediari finanziari alla Cattolica di Milano ed esponende della Lega Nord, “si tratta di mance elettorali”, e soprattutto le misure per incoraggiare la domanda interna sono destinate a non funzionare. La realtà, spiega Borghi, è che finché rimaniamo nella moneta unica non potremo uscire dall’attuale situazione. “Occorre un suo smantellamento controllato”, spiega l’economista.
Ritiene che dalle linee guida di Renzi possa venire alla luce una legge di stabilità seria?
Innanzitutto Renzi cita come parametro di virtuosità il rapporto deficit/Pil del 3%. Nella realtà quel tetto non esiste più, in quanto nella nostra Costituzione è previsto il pareggio di bilancio. D’altra parte lo stesso Fiscal Compact ci impone il “pareggio di bilancio potenziale”. Ogni volta che viene intervistato un qualsiasi economista tedesco, ricorda che non solo l’Italia dovrebbe raggiungere il pareggio di bilancio, ma anche aggredire il debito pubblico riducendolo del 5% l’anno per 20 anni.
Il governo ha chiesto all’Ue dei margini di flessibilità. Come ritiene che vadano utilizzati?
Poniamo per ipotesi che il governo decida di fare 50 miliardi di euro di deficit per rilanciare l’economia. A quel punto può scegliere di aggredire la disoccupazione, avviando un programma di produzione, mettendo al lavoro la gente e prevedendo degli incentivi per l’industria. In alternativa può scegliere di fare mance elettorali, e quindi pensare a pensioni minime e dipendenti statali. Anche in questo secondo caso sono sempre soldi che vanno in circolo, ma è ovvio che hanno poco a che fare con la risoluzione dei problemi strutturali dell’Italia.
Quindi secondo lei come andrebbe impostata la legge di bilancio?
Una legge di stabilità seria comporterebbe inizialmente pesanti deficit di bilancio, da destinare alla detassazione e alla spesa pubblica mirata alla produzione, in modo da rimettere in circolo il denaro. In questo momento noi siamo in una crisi di domanda, e quindi i nostri problemi derivano dal fatto che la gente non acquista. Se la domanda interna ripartisse metà dei nostri problemi si risolverebbero, perché a quel punto si riattiverebbe l’economia e scenderebbe la disoccupazione. Per incentivare gli acquisti è necessario rimettere in circolo i soldi.
Attraverso quali canali?
In particolare ritengo che lo Stato debba spendere in investimenti infrastrutturali, attraverso per esempio la messa in sicurezza, il rinnovamento degli impianti e delle tubature, così da evitare le emergenze in certi casi tragiche cui assistiamo ogni volta. Questa politica sarebbe necessaria e urgente, così da ridurre la disoccupazione ed evitare i costanti fallimenti delle nostre imprese. Anche perché questi ultimi si ripercuotono sulle banche, diventano sofferenze note anche come Non Performing Loans (NPL), finendo per pesare sui risparmi degli italiani attraverso il bail-in.
E’ sufficiente sforare i vincoli di bilancio per risolvere tutti i problemi?
No, anche perché il vero problema di fondo è che se il governo mette in circolo denaro, è probabile che i consumatori non comprino dei prodotti fatti in Italia bensì all’estero. Nel momento in cui un disoccupato riceve il suo primo stipendio, è probabile che acquisti una lavatrice che anziché essere fatta nelle Marche è stata prodotta in Germania. Per evitare che ciò avvenga è necessario lo smantellamento dell’euro. Come certificato anche da uno studio di Morgan Stanley, per la Germania l’euro rappresenta una moneta sottovalutata di quasi il 30% rispetto al marco tedesco.
Beppe Grillo di recente ha rilanciato il referendum contro l’euro. Come Lega Nord siete pronti a collaborare anche sulla raccolta delle firme?
Le firme sono già state prima raccolte e poi cestinate, in quanto per tenere un referendum sull’euro occorre l’approvazione del Parlamento. La nostra Costituzione prevede infatti che non sia possibile svolgere referendum sui trattati internazionali, a meno che non ci sia una legge costituzionale ad hoc votata da due terzi del parlamento. Poiché è impossibile raggiungere questa maggioranza in aula, insistere sul referendum è soltanto una presa in giro. Per non parlare del fatto che, se anche si riuscisse a tenere il referendum, le condizioni in cui si svolgerebbe non sarebbero certo quelle del Regno Unito bensì della Grecia.
Quindi secondo lei qual è la strada da percorrere?
Quello che dovrebbe fare Grillo è presentarsi alle elezioni politiche dicendo: “Un secondo dopo essere andato al governo comincerò a lavorare per l’uscita dall’euro”. La strada per farlo non è attraverso un referendum, bensì con un decreto legge. L’ideale sarebbe se si procedesse a uno smantellamento controllato dell’euro d’intesa con altri Paesi dell’Ue. Noi come Lega Nord stiamo lavorando per raggiungere questo obiettivo insieme a Marine Le Pen in Francia e con chi la pensa come noi in Austria e in altri Stati dell’Eurozona.
(Pietro Vernizzi)