Wolfgang Schäuble non ha preso bene la tirata dì orecchi di Mario Draghi che giovedì scorso ha invitato Berlino a spendere l’avanzo della bilancia con l’estero. Ancor meno ha apprezzato il vertice dei paesi del sud Europa ospitato da Alexis Tsipras ad Atene e il messaggio anti-austerità. Eppure proprio il ministro delle finanze sta discutendo una serie di misure per rilanciare la domanda interna che ruotano attorno allo slogan meno tasse e più spese. 



La Germania se lo può permettere, con un bilancio pubblico in equilibrio e un attivo dei conti con l’estero mostruoso: l’8 per cento del Pil, quattro volte il surplus cinese. Anzi, anche in termini assoluti incassa più della Cina: 300 miliardi di dollari contro 256 miliardi. Invece, i paesi del sud Europa che ne avrebbero ancor più bisogno, non sanno come finanziare una manovra espansiva, visto che non possono aggravare deficit e debito pubblico. Così, si sta creando un pericoloso gioco di specchi particolarmente evidente se si guarda all’Italia e alla Germania. Perché l’una appare esattamente il rovescio dell’altra.



Il governo di Roma deve aumentare la domanda interna riducendo le imposte e allargando i cordoni della borsa. E ci sono tutte le condizioni politiche per farlo. Le stesse opposizioni, a di là di qualche fuoco d’artificio retorico, non potrebbero mettere i bastoni tra le ruote. Forza Italia, stando a Renato Brunetta, spinge per un programma keynesiano classico; e Beppe Grillo, sia pur in tutt’altre faccende affaccendato, non potrebbe difendere, proprio lui, i parametri di Maastricht. Ma il paradosso è che non ci sono le condizioni economiche per una espansione finanziata con altro disavanzo pubblico. La punizione non verrebbe tanto da Bruxelles, bensì dalla City, da Wall Street, da piazza Affari. I mercati finora sono rimasti in attesa, tuttavia è diffusa la convinzione che l’Italia, con una crescita stagnante e una produttività in declino, rischi seriamente di non poter far fronte a un indebitamento sempre crescente.



A Berlino le cose stanno esattamente al contrario. I fondamentali dell’economia sono a posto, ma mancano le condizioni politiche. Di qui le reazioni particolarmente irritate che vengono dalla Cdu. Con Alternative für Deutschland in crescita, i democristiani non se la sentono di abbandonare il sentiero del rigore che equivale a stabilità e sicurezza. AfD spara contro la politica monetaria di Draghi. Le banche sono sul piede di guerra contro i tassi d’interesse negativi. Gli economisti conservatori che fanno tendenza picchiano sull’acquisto di titoli arrivato a mille miliardi di euro. E, in fondo in fondo, nemmeno i socialdemocratici vogliono esporsi più di tanto. Il risparmiatore è la figura economico-sociale chiave per tutti i partiti, è l’ago della bilancia tra la destra e una sinistra che guarda al centro. La Spd, peraltro, sta attaccando Angela Merkel usando anche argomenti di destra, per esempio sull’immigrazione.  

Dunque, la Germania ha vincoli politici, l’Italia vincoli economici. La Grecia li ha entrambi. La Francia cerca di difendere la sua eccezione che le ha consentito di mantenere un disavanzo pubblico superiore al 3 per cento; di qui alle elezioni del prossimo anno potrà alzare la voce, ma nemmeno troppo. Quanto alla Spagna, naviga senza timoniere, spinta da correnti favorevoli che possono cambiare in un batter d’occhio. Questa asimmetria sta bloccando l’Europa proprio quando ci sarebbe ancor più bisogno di uscire dalla palude.