Lo sciopero di Alitalia è arrivato in uno dei momenti più complicati per la compagnia. L’Amministratore delegato Cramer Ball si è scusato direttamente con i passeggeri definendo tale sciopero addirittura una “follia”. Una “follia” che rischia di costare caro alla compagnia aerea, che nel primo semestre dovrebbe avere perso circa 90 milioni di euro, mentre lo scorso anno le perdite avevano raggiunto quasi i 200 milioni di euro.
La compagnia aerea ha perso la leadership del mercato italiano in termini di passeggeri trasportati, sorpassata da Ryanair e sarà impossibile riprendere lo scettro di compagnia “regina” nazionale. Il sindacato, ancora una volta, si è messo di traverso rispetto alle azioni dell’azienda per tornare all’utile nel prossimo anno. Una missione difficile, ma non impossibile, che deve tuttavia passare tramite una seria riduzione dei costi.
Alitalia, che rimane troppo focalizzata sul corto e medio raggio, sta cercando di puntare sul traffico intercontinentale, ma per fare questo ha bisogno di risorse fresche per prendere nuovi aeromobili. Sul corto raggio la compagnia sta soffrendo la fortissima competizione dei vettori low cost, mentre sul lungo raggio la pressione è un po’ inferiore. Ball ha annunciato che nei prossimi anni entreranno in flotta diversi aerei a lungo raggio, ma è chiaro che c’è bisogno del pieno supporto di Etihad, primo socio con il 49% della compagnia aerea, per attuare tale strategia.
Il vettore medio-orientale ha la capacità di fare ulteriori investimenti, ma è certo che il personale dovrebbe comprendere che ci sono poche soluzioni alternative a Etihad, se non il fallimento. Il problema attuale è come finanziare la compagnia aerea italiana. Etihad non può investire altri soldi nel capitale, in quanto ha raggiunto il limite imposto dall’Unione europea per il controllo dei vettori aerei. Se venisse superato il 49% della quota azionaria, Alitalia perderebbe la libertà di volare sui cieli europei come vettore comunitario. Un’opzione chiaramente impossibile.
Per questo motivo si parla da tempo della fusione con Air Berlin, altra azienda con forte presenza di Etihad nel capitale. Tuttavia, al contrario di Alitalia, Air Berlin vede una quota azionaria della compagnia degli Emirati ben inferiore al 49%. Creando una holding tra Air Berlin e Alitalia, Etihad potrebbe di fatto ricapitalizzare la compagnia italiana. L’altra opzione possibile è che i soci italiani ricapitalizzino insieme a Etihad, ma questa eventualità attualmente appare remota.
Vista la necessità di risorse fresche per espandere il proprio network a lungo raggio, non si comprende con tale sciopero cosa possano ottenere i sindacati italiani. Il rischio più grosso dello sciopero è infatti quello che Etihad decida di abbandonare l’azienda al proprio destino e con questo arrivare al fallimento, viste le perdite accumulate.
Dal 2013 a oggi, si stima che Alitalia abbia perso 1,4 miliardi di euro, peggio anche di Air Berlin che non gode di ottima salute. Lo sciopero dunque è una “follia” per l’azienda che non si può permettere altri errori nel rilancio dell’azienda in un mercato, quello aereo, sempre più competitivo.