“Ho letto quello che ha dichiarato Omar Lodesani per conto di Abi e mi pare che siamo sulla strada giusta”. Lando Sileoni – storico leader della Fabi, la più rappresentativa organizzazione sindacale dei bancari italiani – è reduce da un weekend di fuoco. L’uscita (poi ridimensionata) del premier Matteo Renzi a Cernobbio, sul “dimezzamento” dei lavoratori in banca – 150mila in meno nel prossimo decennio – ha obbligato Sileoni a un tour de force mediatico, nel quale la Fabi ha messo sul tavolo semirovesciato delle relazioni sindacali nel settore anche la minaccia di uno sciopero generale.



L’inizio della settimana – fitto anche di contatti istituzionali riservati – ha calmato un po’ le acque, come ha confermato anche la rassegna stampa di ieri. Il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros Pietro, ha rilasciato un’intervista distensiva: ha escluso esuberi nel suo gruppo, e – da economista d’impresa – ha indicato le direttrici dell’innovazione e della riqualificazione professionale per una “politica attiva del lavoro” in banca. Ma è stata certamente la presa di posizione di Lodesani – chief operating officer di Intesa Sanpaolo e presidente del comitato sindacale dell’Abi – a riportare il confronto in corso sulla ristrutturazione del sistema entro una cornice di concretezza.



Una proposta operativa, la sua. rivolta al governo a nome dell’intero settore: i 200 milioni che le banche italiane versano ogni anno al finanziamento degli ammortizzatori sociali pubblici in questa fase siano dirottati al Fondo di solidarietà del sistema bancario: lo strumento già sperimentato per gestire in modo morbido e concordato le uscite. “Trattenere i 200 milioni annui per sostenere le crisi del nostro settore è una ricetta che mi trova d’accordo”, dice Sileoni a ilsussidiario.net – e io guarderei anzitutto alla situazione del personale delle quattro good banks risolte e in attesa di una stabilizzazione”. Il Fondo è stato, fra l’altro, il veicolo attraverso il quale il settore ha di fatto autogestito l’esodo di 60mila bancari negli ultimi 15 anni.



Il sistema bancario italiano – sottolinea Sileoni, segretario generale di un sindacato con 100mila iscritti – è riuscito a superare altre impegnative fasi di riassetto, come quelle seguite alle ondate successive di fusioni. Aziende e organizzazioni sindacali sono sempre riuscite a coniugare le esigenze di ristrutturazione con la volontarietà dell’uscita del lavoratore bancario e con la difesa dinamica dell’occupazione nel settore. Anche in questi mesi difficili, il sindacato non rinuncia ai suoi obiettivi di fondo: mantenere l’occupazione e creare percorsi di uscita non traumatici. A queste condizioni il patto di cui parla l’Abi è senz’altro praticabile”.

Il riassetto di fine anni 90 ha visto molti bancari reinventarsi in professioni nuove, come quella del promotore finanziario. Nel 2016 è possibile immaginare soluzioni di flessibilità win-win, utilizzando ad esempio la figura aggiornata del mediatore creditizio? “La Fabi non rifiuterà mai di discutere qualsiasi prospettiva seria di evoluzione degli identikit professionali all’interno del perimetro del lavoro bancario”.

Le quattro banche risolte, ma anche le Popolari del Nordest e soprattutto Mps. “Su Siena – sottolinea Sileoni – la nostra linea è sempre stata chiara: è il governo che deve farsi carico in prima persona del processo di stabilizzazione, anzitutto verificando gli spazi di flessibilità praticabili presso la vigilanza della Bce”. Anche Atlante – che ha ricapitalizzato Popolare di Vicenza e Veneto Banca, sta riflettendo su possibili integrazioni. “L’approccio iniziale di Atlante sui due gruppi non ci aveva convinto. Ma prima di esprimere un giudizio attendiamo tutti gli elementi dei piani di rilancio delle due banche”.

Nell’agenda autunnale del sistema spicca anche l’atteso perfezionamento della fusione fra Banco Popolare e Bpm. “E’ un’operazione sulla quale il nostro giudizio positivo – sottolinea il segretario della Fabi – segue anzitutto il favore di tutte le istituzioni interessate: dal governo italiano alla vigilanza europea. E’ per questo che non abbiamo seguito prese di posizioni strumentali, particolari che potranno forse riemergere nelle fasi finali del cammino di integrazione societaria. Continueremo invece a dare la massima attenzione e allo sviluppo del piano industriale delineato dal management: impegnato a mantenere lo stretto criterio della volontarietà per la gestione degli esuberi che verranno identificati nella fusione”.