“Tanto Roberto Perotti quanto Yoram Gutgeld partono da una premessa sbagliata. La vera questione non è tagliare la spesa pubblica in modo indiscriminato, quanto piuttosto renderla più produttiva”. Lo evidenzia Antonio Maria Rinaldi, professore di finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara e alla Link Campus University di Roma. In un’intervista sul Corriere della Sera l’ex commissario alla spending review, Perotti, ha spiegato di essersi dimesso in quanto “mi sono reso conto che non c’era la volontà di ridurre la spesa pubblica, e ho considerato il mio mandato inutile”. Gutgeld, deputato del Pd e commissario alla revisione della spesa pubblica, ha replicato il giorno dopo con una lettera sempre al Corriere: “Non è necessario essere professori per vedere che il deficit sta diminuendo. Possiamo poi aggiungere che è al livello più basso degli ultimi dieci anni”.
Professore, secondo lei chi ha ragione tra Perotti e Gutgeld?
Non voglio entrare nelle diatribe di casa Pd, ma mi piace ricordare che in questa Europa disastrata dai vincoli esterni ci sono Paesi come Spagna, Portogallo e Francia che hanno la possibilità di sforare a proprio piacimento i famosi parametri di Maastricht. Questi stessi Paesi hanno un ritorno superiore rispetto a chi come l’Italia si ostina a rispettarli.
Il nostro governo dovrebbe impegnarsi di più per tagliare la spesa pubblica?
A molti economisti sfugge il particolare che la spesa pubblica fa Pil. Il popolo italiano è costretto da più di 25 anni ad avanzi primari che avrebbero ucciso una mandria di rinoceronti scatenati. Il fatto di continuare ciecamente con le politiche economiche previste dai trattati europei è un vero e proprio suicidio. Diminuire il deficit non deve essere un merito. I Paesi che hanno avuto mano libera, e non hanno subito le stesse imposizioni dell’Italia, hanno registrato esiti economici positivi. Per quanto Renzi vanti i successi della crescita italiana, la stessa Istat lo smentisce clamorosamente.
Significa che dobbiamo rinunciare a tagliare la spesa?
Anziché tagliarla, Renzi dovrebbe rendere maggiormente produttiva la spesa pubblica. Per esempio il governo dovrebbe intraprendere un enorme programma di investimenti a cominciare dalle infrastrutture. Basterebbe un serio programma di messa in sicurezza del territorio nelle aree a rischio di frane o terremoti, così da rilanciare un comparto trainante in qualsiasi economia come l’edilizia. Non si tratta di costruire nuovi edifici, ma di consolidare con criteri antisismici le strutture che già esistono. Anche andando a deficit, perché il ritorno in termini di Pil farebbe riassorbire sia l’entità del deficit sia quella del debito. Sarebbe infatti un volano formidabile per l’economia e per l’occupazione.
Per Gutgeld, grazie alla riforma Madia gli stipendi dei dirigenti pubblici saranno vincolati alla loro performance. E’ un reale passo in avanti?
Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, perché effettivamente ci sono degli altissimi dirigenti pubblici che percepiscono stipendi estremamente elevati, ma questo non vale per la stragrande maggioranza dei funzionari. Anzi se si desiderano avere persone qualificate dal punto di vista professionale è giusto pagarle bene.
Gutgeld ha garantito che le partecipate diminuiranno. Sarà veramente così?
Se questa è una giustificazione per privatizzare le partecipate a prezzi di saldo, il discorso non fa una piega. Se invece vogliamo parlare dell’efficienza delle partecipate come soggetti che garantiscono servizi ai cittadini con criteri di qualità ed equità, ritengo necessario che rimangano in mano pubblica.
Le partecipate spesso sono una scusa per distribuire prebende. Non è ora di tagliarle?
Certamente questo è un vizio italico. Ma questa non è una giustificazione per consegnare a logiche privatistiche dei servizi che devono essere garantiti ai cittadini. Meglio operare in modo razionale rendendo efficienti le partecipate pur mantenendole sotto al controllo pubblico.
Lei quali spese improduttive taglierebbe?
Se si voleva risparmiare, bisognava evitare di comprare il nuovo aereo a disposizione della presidenza del Consiglio che è costato 180 milioni di euro… Ma a parte questo, bisogna andare a vedere voce per voce, dando la priorità alle spese che hanno un moltiplicatore superiore, e non invece compiere tagli lineari con il macete a prescindere. Ridurre i servizi comporta di fatto un aumento del livello di tassazione, perché si costringono i cittadini a pagare di più per quelle stesse prestazioni. Con una mano si dà e con l’altra si toglie. Il problema fondamentale comunque è sempre lo stesso.
E sarebbe?
Da quando abbiamo perso la nostra sovranità in quanto siamo soggetti ai vincoli europei, non possiamo più determinare in modo autonomo la nostra politica economica. Anzi siamo costretti a sottostare a ciò che ci viene imposto dall’esterno. Altri Paesi hanno invece la possibilità di non sottostare a questi vincoli e, anche se hanno perso la loro sovranità monetaria, riescono a barcamenarsi meglio dell’Italia.
(Pietro Vernizzi)