Per la fame acquisto cibo, per la sete bevo, per il freddo mi abbiglio; con le scarpe scarpino, con la casa mi accaso; per non stare al buio acquisto luce. Per poter avere tutto questo, lavoro. Si è fatto sempre così fino a quel dì di dicembre. Natale del 1924, a Genova, si riunisce “la Compagnia Phoebus”. Un cartello fatto da Osram, Philips e General Electrics che decide di ridurre la durata della lampadina a 1.000 ore. Alla gente che ha bisogno di luce, insomma, questi illuminati la fulminano prima. 



Cospirazione? Macché, più semplicemente quella gente, che fin allora aveva speso per dar ristoro ai bisogni, viene tirata dentro il ciclo produttivo per fare di più. Se, come il fatto mostra, hanno più bisogno i produttori di vendere che la gente di acquistare, che luce sia con più lampadine da acquistare però, senza se, senza ma!



Senza ma, appunto, evase le “leggi censuarie”, gli abiti passeranno di moda; i pubblicitari dispenseranno i consigli per gli acquisti; quelli del marketing confezioneranno la domanda di tutto per tutti a più non posso. Già, di più non posso però se, come mostrano quelli della Federal Reserve Bank of St. Louis (grafico più in basso), dai primi anni ‘30 a oggi, il potere d’acquisto subisce una costante riduzione.

Et voilà. Da allora tutte le tecniche e le politiche di reflazione messe in campo non hanno sanato il gap, ancor meno l’output gap; la produttività totale dei fattori in costante riduzione, il debito del mondo, invece sale a 200.000 miliardi di dollari e vale tre volte il Pil, come dicono quelli di McKinsey.



Beh, allora, se al mondo non fummo fatti per vivere come bruti a quel Dante, deve soccorrere un adeguato dare. Sì, dare almeno a chi fa la spesa, ben oltre il bisogno, quel che occorre per fare quella crescita che rende virtuoso il ciclo produttivo.