Il debutto col botto di Banco Bpm in Piazza Affari (+9%) alla prima seduta dell’anno è una buona notizia, senza se e senza ma: anche nel caso in cui qualche mano forte avesse già iniziato a rastrellare titoli della neo-terza banca italiana. Se, anzi, qualcuno avesse davvero cominciato a scalare Banco Bpm sarebbe più accentuato ancora il significato del riflesso borsistico di ieri. Ma anche un rialzo puramente di mercato – che ha spinto la Borsa di Milano alla miglior performance di inizio 2017 fra le piazze dell’Europa continentale – è un contro-argomento forte e rilevante alla spirale di notizie e di narrazioni negative che hanno stretto il sistema bancario italiano in ogni giorno del 2016: fino al “dicembre nero” del dissesto Mps.



Anche la fusione fra Banco Popolare e Bpm ha dovuto farsi largo con fatica nell’annus horribilis per il credito in Italia. Le trattative fra i due gruppi sono partite all’insegna dell’ambizione strategica, ma anche all’ombra di alcune incognite: le resistenze finali fra i soci-dipendenti della Popolare di Milano, storicamente arroccati attorno alla loro governance; e qualche peso accumulato dalla recessione nel bilancio del polo veronese.



Il Banco presieduto da Carlo Fratta Pasini e guidato dall’amministratore delegato Pierfrancesco Saviotti è stato protagonista del passo più determinato in direzione dell’aggregazione: l’aumento di capitale da un miliardo, varato sotto la massima pressione della Bce, ha dato a mercati e vigilanza quel segnale di forza che invece è drammaticamente mancato altrove (presso le altre Popolari del Nordest, Vicenza e Veneto; oppure a Siena). Dal canto suo, la Bpm ha fatto proprio l’impegno dell’amministratore delegato Giuseppe Castagna: che ha coagulato sul suo piano la maggioranza qualificata dell’assemblea contro il no di retroguardia dei pensionati-soci.



Il caso Banco Bpm si annuncia in ogni caso come pilota su tutti i fronti. Nelle prossime settimane prenderà forma prevedibilmente un nucleo di azionisti stabili: sarà interessante osservarne la forza e soprattutto natura (gruppi finanziari e industriali privati, associzioni di vecchi soci cooperativi, fondazioni, compagnie d’assicurazione, investitori istituzionali di mercato, ecc.). Sarà altrettanto interessante vedere se Banco Bpm sarà subito oggetto di Opa dall’estero oppure se – certamente negli auspici di governo e Bankitalia – potrà costituire un punto d’appoggio per la stabilizzazione di altre banche, anzitutto di altre Popolari.

Il management ha annunciato un piano industriale giustamente aggressivo, caratterizzato da 1.800 esuberi da gestire in via morbida: il successo del piano sarà cartina di tornasole della capacità complessiva del sistema di ridurre i propri organici. La sfida più impegnativa resta certamente quella della redditività. È chiaro che Banco Bpm continuerà a cercare il suo spazio sul mercato nell’offerta di servizi bancari per il risparmio delle famiglie e per il credito alle imprese medie e piccole. La vittoria strategica di Banco Bpm sarà certamente sinonimo di recovery complessiva dell’Azienda-Italia.