In altri tempi un rialzo del petrolio del 20% e più nel giro di una manciata di mesi avrebbe sollevato inquietudine e sconcerto nei mercati finanziari, oltre a una marea titoli allarmati sui media. Stavolta, al contrario, il balzo del Brent, balzo di 13 dollari negli ultimi tre mesi, ai valori più alti degli ultimi tre mesi, ai massimi dal luglio 2015 a 59,40 dollari non sembra suscitare alcuna emozione. Eppure, scrive un report di Citigroup, se la crescita globale si consoliderà si può stimare un prezzo del Brent vicino ai 70 dollari il barile in tempi non lontani.
Insomma, l’era del petrolio a sconto potrebbe essere agli sgoccioli. Ma per ora non se ne preoccupa quasi nessuno. Al più l’aumento dei costi dell’energia servirà a riportare un po’ di inflazione, che oggi stenta a tradursi in un fenomeno durevole. A oggi l’unico segnale è l’inversione di tendenza del dollaro. Ma è fenomeno recente e troppo fragile per parlare di reflazione, almeno quella che si attende Wall Street.
L’altro giorno è stato sufficiente che le agenzie battessero la notizia della visita alla Casa Bianca di Kevin Warsh, uno dei candidati alla successione di Janet Yellen, perché i tassi dei decennali americani registrassero un robusto rialzo. Warsh, che ha fatto parte del board ai tempi di Bernanke, si era guadagnato la fama di falco. In ogni caso, la Borsa è ormai convinta che il presidente effettuerà un radicale cambio dello staff della banca centrale, sfruttando l’occasione della scadenza del mandato di 5 banchieri su 12. Ma l’obiettivo non saranno i tassi, semmai le regole.
Trump si sta rilevando un disastro se si esamina la sua presidenza sotto il profilo delle leggi approvate nel rispetto delle promesse elettorali. Ma, come ha fatto rilevare un’acuta analisi di Reuters, il cambio di rotta nei comportamenti c’è stato. I giudici, a leggere le statistiche, hanno inasprito le sentenze contro i migranti; gli Stati hanno concesso licenze minerarie prima negate; e Boeing, nonostante non sia stato votato alcun provvedimento protezionistico, ha chiesto e ottenuto dazi esemplari contro la canadese Bombardier, rea di esser troppo competitiva. Lo stesso vale per le regole finanziarie: formalmente sono le stesse di una volta, ma le banche nei fatti godono di ben maggiore libertà.
Il caso di Bombardier è stato citato a Tallinn dal Premier irlandese come monito al Regno Unito: di questi tempi solo le dimensioni contano, ha detto. Al di là delle chiacchiere, Trump si guarda bene dallo sfidare Xi Jingping. Ma non ha problemi a prendersela con un Paese relativamente piccolo, alleato o meno che sia: Londra, perciò, pagherà caro e presto la sua uscita dall’Ue. Un buon motivo per sentirsi europei, tanto più che, spiega Angela Merkel, “la situazione economica è relativamente buona, la crescita è relativamente soddisfacente, c’è più occupazione in Europa”. Insomma, ha spiegato Angela Merkel al suo arrivo a Tallinn per il vertice dei premier dell’Unione europea, “non abbiamo una crisi acuta da gestire. Perciò c’è tempo per lavorare allo sviluppo ulteriore della Ue”.
Dopo la pesante flessione elettorale la Cancelliera tedesca preferisce guardare al bicchiere mezzo pieno. Sarà lei del resto, a ricevere, per la quarta volta di fila, il mandato per presiedere il nuovo governo. Certo, cambieranno gli alleati di governo e si dovrà pagare un prezzo d’ingaggio ai nuovi membri dell’equipaggio. Ma, a giudicare dall’andamento dei mercati finanziari, gli operatori non sembrano affatto preoccupati per le sorti della stabilità tedesca. L’Europa ha superato senza troppi danni le scadenze elettorali del 2017: se il 2016 è stato l’anno in cui si è detto che l’Occidente virava verso il populismo, nei mesi scorsi si era diffusa l’idea che il populismo fosse già finito. E così, un paio di settimane fa Jean-Claude Juncker ha voluto celebrare, incautamente, la restaurazione dell’Ancien Régime.
In realtà, il populismo resterà endemico e tenderà a riemergere ogni volta che il ciclo economico si indebolirà e quando i flussi migratori torneranno a crescere. Ma con buona pace della Catalogna la stagione del piccolo è bello sembra agli sgoccioli, proprio come il denaro a costo zero e il petrolio in saldo, i simboli del recente passato: il mondo, salvo colpi si scena in Corea, sembra condannato a vivere una stagione positiva, anche se un po’ noiosa. Ma godiamocela, finché dura.