L’ennesimo finanziamento di Alitalia da parte del Governo attraverso un ulteriore prestito di 300 milioni di euro apre un’altra parentesi negativa su di una situazione che di giorno in giorno diventa più caotica e rivela una sostanziale incapacità, che con gli anni diventa cronica, della politica di realizzare una parvenza di sistema-Paese utile agli interessi di questa Italia. Dapprima la notizia, d’altronde già anticipata in canali riservati, dell’ulteriore rinvio della soluzione del “mistero” sul compratore di Alitalia, anche se è stato fatto da più parti il nome di Lufthansa, nel qual caso sarebbe più appropriato usare il termine eutanasia (con 6.000 altri tagli del personale e la fine del trasporto aereo “made in Italy”).
È sinceramente incredibile come un settore vitale per gli interessi del Paese come quello del trasporto aereo sia trattato da una squadra politica a cui manca una conoscenza anche minima del tema. Le ragioni le ho già abbondantemente spiegate in altri articoli scritti per “Il Sussidiario”, ma qui, parafrasando un evidente controsenso citato da un politico democristiano in un famosissimo discorso alla camera negli anni ’60, verrebbe da dire che “abbiamo raggiunto il vertice della bassezza”. In primo luogo, perché ancora ci dovrebbero spiegare le ragioni dell’ultimo fallimento, con la messa in amministrazione controllata della compagnia, senza conoscere minimamente che poche cifre del bilancio 2016, mantenute segrete per chissà quale motivo. E poi perché, specie il ministro Calenda, ma pure quello dei trasporti Delrio, continuano a dire che lo Stato non è disposto a rinazionalizzare la compagnia, quando gli interventi faraonici operati dal 2009 a oggi sono stati dilapidati e in definitiva si sono dimostrati inutili per la sola ragione che sono stati messi nelle mani di imprenditori e compagnie che poi si siano rivelati “incapaci” di risolvere la crisi in un settore dove tutti, ma proprio tutti i vettori, se ben gestiti, producono guadagni mai registrati nella storia dell’aviazione civile.
In occasione della celebrazione del decennale del Pd, due dei segretari “storici” del partito (Veltroni e Renzi) hanno parlato di una formazione che difende gli ideali della sinistra. Cosa esso significhi al giorno d’oggi non è chiaro, perché proprio nel caso Alitalia ambedue hanno provocato, nel corso degli anni, con le loro decisioni, disastri ben poco riconducibili a una politica nemmeno vagamente “progressista”. Nel 2008 Veltroni fece pressioni sull’allora segretario della Cgil Epifani, che non aveva firmato l’accordo con la Cai (i famosi “capitani coraggiosi” di berlusconiana memoria) perché il suo sindacato non era rappresentato tra i naviganti aerei, perché lo sottoscrivesse ugualmente, aprendo le porte a una privatizzazione che nell’arco di pochi anni, con immensi finanziamenti statali e 10.000 licenziamenti, avrebbe portato Alitalia a un’altra gravissima crisi. E qui interviene Renzi, che in pratica impone l’entrata del vettore emiratino Etihad affermando pomposamente che “l’Alitalia decolla”.
Pure nel 2008 la senatrice Finocchiaro, in una sua dichiarazione, affermava che “senza il contributo del Pd l’operazione Cai non sarebbe potuta partire”. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti: più che decolli, due atterraggi in piena emergenza. E, come ha dichiarato l’esperto e consulente internazionale del trasporto aereo, il Prof. Gaetano Intrieri, “nessuno saprà mai nulla sulle nefandezze circa gli slot svenduti, i contratti di forniture gonfiati all’inverosimile, i soldi regalati ancora oggi agli Arabi e potrei andare avanti per decine di righe”.
E che dire del caso Ryanair? La recente crisi ha scoperchiato una pentola dalla quale sono venuti fuori tutti i “segreti di Pulcinella” che si sapevano da anni. Ma come, Delrio e Calenda non andavano a braccetto con il suo manager O’ Leary fino a non molto tempo fa? Eppure il trattamento che quest’ultimo riserva ai suoi dipendenti non si può assimilare al progressismo tanto predicato in questi giorni. Non si è voluto in tutto questo tempo rinazionalizzare Alitalia, distruggendone interi settori (basti pensare alla manutenzione) per finanziare, con miliardi di denaro pubblico, un vettore straniero che oltretutto, oltre al notevole senso “etico”, non ha portato un cent nelle casse dello Stato italiano.
“Fateci vedere qualcosa di sinistra”, frase storica di Nanni Moretti all’epoca dei suoi “girotondi”. Ricordate? Verrebbe voglia di riproporla, e non solo per il caso Alitalia, nel quale i mezzi e il personale con un know.how ancora invidiabile potrebbero risolvere la crisi e far risorgere la mitica “Freccia alata” al servizio di un Paese che si chiama Italia.