Oggi si riunirà il board della Banca centrale europea. Da tempo si parla della possibilità che l’Eurotower dia il via al cosiddetto tapering, diminuendo la quantità di titoli acquistati e aprendo la strada a un’inversione di rotta rispetto alle politiche espansive adottate con il Quantitative easing. Potrà essere quindi oggi il giorno decisivo? Mario Deaglio, Professore di Economia internazionale all’Università di Torino, non nasconde di essere scettico al riguardo. «Non vedo perché in questo momento si dovrebbe annunciare qualcosa che si dovrebbe tradurre in un aumento dei tassi, in un freno alla ripresa che c’è, ma non è poi così eccezionale».
Perché è così scettico?
Non dobbiamo dimenticare che c’è una situazione incerta in Germania, ancora senza Governo, e una ancora più incerta in Spagna. E poi per quale motivo si dovrebbe puntare a un aumento dei tassi? Non abbiamo fenomeni inflazionistici da nessuna parte, la ripresa c’è, ma non è fortissima. Perché cambiare queste condizioni quando c’è il rischio di fare un salto nel buio? Non dico che non possano farlo, ma vedo semmai più probabile un annuncio su un’azione che verrebbe però intrapresa più in là nel tempo, magari nel 2018. Come in fondo è stato già fatto in passato. Un cambiamento quindi piuttosto soft.
L’Italia sarebbe pronta ad affrontare questo cambiamento, di tipo soft, per il prossimo anno?
La composizione del nostro debito pubblico è molto migliorata. A essere interessato sarebbe solo quello che deve essere rinnovato e un pochino la duration del debito siamo riusciti ad allungarla. Non ci troveremmo quindi in una situazione critica, anche se avremo indubbiamente un aumento del costo per rifinanziare il debito.
Si discute non poco dell’efficacia delle politiche espansive messe in atto dalle banche centrali. Lei cosa ne pensa?
È stata messa in circolo tanta liquidità e certamente più passa il tempo, maggior è la quantità di moneta che occorre stampare per ottenere la stessa crescita di prima. Questa situazione non può quindi durare all’infinito. Negli Stati Uniti si pensa che ormai si siano raggiunti livelli vicini alla soglia di tollerabilità del sistema. Di fatto potrebbero prodursi di colpo delle fortissime instabilità in Borsa, visto che una qualunque spinta pessimistica potrebbe essere ampliata. Oltreoceano c’è poi la preoccupazione sul fatto che questa politica abbia creato poca occupazione e di basso livello, con salari non certo alti. In Europa, per fortuna, sembra aver funzionato un po’ meglio.
Prima ha citato il fatto che in Germania ancora non c’è un Governo. Ritiene che possa nascerne uno con posizioni ancor più da “falco” rispetto al precedente?
Direi che la prendo seriamente in considerazione come una cosa possibile, ma non la ritengo poi così probabile, perché se nascesse la coalizione Giamaica di Governo (Cdu/Csu, Fdp e Verdi), al suo interno avrebbe sì una componente fortemente liberista, ma anche un’altra che invece questo liberismo non lo condivide. Penso quindi che si agirà con molta cautela, perché un conto è essere all’opposizione e battersi per i principi, ma quando poi ci si siede al tavolo dove ci sono i bottoni da schiacciare si fa un po’ più di attenzione.
Dunque non ci saranno pressione sulla Bce?
Non vedo il “falco” che si avventa il giorno dopo sulla Bce chiedendo di aumentare subito i tassi. Le politiche monetarie tendono in genere a essere poco brutali. Se anche con il nuovo Governo si andasse al di là della sostanziale neutralità tenuta precedentemente dalla Merkel, non credo proprio che ci sarà subito un “assalto” di questo tipo.
(Lorenzo Torrisi)