ALITALIA. Come il classico coniglio dal cilindro, nella farsesca questione Alitalia è spuntato un fondo americano che, contrariamente agli altri concorrenti, vorrebbe rilevare l’intera azienda. Si chiama Cerberus, un fondo speculativo che ha come presidente l’ex vicepresidente (sotto George Bush) degli Stati Uniti Dan Quayle. È il classico fondo speculativo che di certo non è nato per la beneficenza. Nonostante non abbia finora partecipato all’asta per i suoi termini molto restrittivi, adesso si è fatto avanti e, prima di tutto, bisognerà capire la consistenza della proposta che, almeno nei primi termini, sembra essere più esaustiva di quelle presentate dagli altri concorrenti, anche perché prevede la partecipazione di altri investitori italiani, tra i quali lo Stato.
Non è la prima volta che il cane a tre teste vigile dell’Inferno (il cerbero, appunto, da cui prende il poco simpatico nome) si occupa di compagnie aeree: è già successo anni fa con Air Canada e il suo intervento, con alcuni tagli e sacrifici del personale, sollevò il vettore dal “Chapter 11” degli aiuti alle compagnie in stato di fallimento (in pratica un’amministrazione controllata) e lo salvò.
Gli attuali commissari, per bocca di Stefano Paleari, non hanno alcuna preclusione nei riguardi di questa nuova ipotesi, anche se (e forse questa volta è un vantaggio) Cerberus potrà puntare a un massimo del 49% dell’ex compagnia di bandiera. Essendo un fondo speculativo le incognite sono tantissime, specie per quello che riguarda l’assetto di Alitalia, ma bisogna dire che almeno in questo caso siamo di fronte a un concorrente che, a causa della rendita che deve fornire il business, non potrà svuotare quel poco che è rimasto a proprio vantaggio, cosa che succederebbe se ad acquisire Alitalia fosse una compagnia concorrente. Di certo, visto anche il momento di grande positività del settore, Alitalia potrebbe in questo modo salvarsi mantenendo un’identità propria e un’italianità che però resta ancora da vedere ed è al momento solo nelle intenzioni di questi nuovi investitori.
C’è però un sospetto, lanciato da alcuni operatori di mercato, che affermano come il fondo, specialista nella gestione di Npl (non performing loans), in poche parole i crediti “cattivi” delle banche, sia interessato a quelli giganteschi che sia Unicredit che Intesa hanno nei confronti di Alitalia. In definitiva, al di là dei proclami da “salvatori”, la compagnia verrebbe usata come specchio per poter operare su quello che costituisce un po’ la specialità di Cerberus. E questo costituirebbe il rovescio della medaglia, ma, come diceva Andreotti “A pensar male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca”. Quello che è certo è che Alitalia i numeri per risollevarsi li ha ed è dimostrato che solo aggiustando certe spese a cifre più prossime al mercato aerocommerciale (vedi leasing, per esempio) i dati del vettore, senza cambiare nulla sia a livello contrattuale e iniziando ad aprire nuove rotte, cominciano a diventare interessanti, come si era detto da più parti circa la sua redditività.
La flotta ha finalmente acquisito un 777-300 per il lungo raggio, anche se quattro aeromobili di medio ne sono usciti, ma l’augurio resta quello che ormai da decenni si esprime, anche perché, come ripetiamo, le basi ci sono: riportare il nostro Paese a pensare in termini di sviluppo proprio attraverso quel sistema che tutti auspicano. C’è da sperare che il cerbero non si comporti come tale, ma in questo campo abbiamo già avuto una fenice che poi, invece che la resurrezione, ha portato Alitalia negli inferi del fallimento.