Ci risiamo è la solita storia, in un’intervista rilasciata alla Stampa, il Nobel dell’economia Vernon Smith risponde così a due domande che sbirciano nella crisi. 1) «I tagli alle tasse che vuole fare Trump sono giusti?». «Sì. Non c’è ragione per tassare i redditi delle imprese; tutti i soldi che incassano vengono restituiti, sotto forma di stipendi, bonus, dividendi. Non bisogna tassarli a livello corporate, ma quando diventano redditi personali. Altrimenti si incentiva la pratica di lasciarli all’estero, nei Paesi con tasse basse». 2) «L’insoddisfazione che ha aiutato Trump a vincere è giustificata?». «Sì. Trump è riuscito a parlare alla gente emarginata dal sistema. Dalla Seconda guerra mondiale in poi non avevamo mai avuto un periodo così lungo di bassa crescita e occupazione. Molti si sentivano ignorati, ed era vero».
Risposte esemplari da parte di chi, ortodosso dell’economia, continua a recitare il già detto. Sì, recita quelle regole, scritte a caratteri indelebili, che danno alle imprese il monopolio nell’allocazione della ricchezza generata. Già, ma generata da chi? Non da queste; fanno beni e servizi che, se invenduti, diventano cattivi e non serviti! Magari invenduti proprio perché quel meccanismo, che trasferisce la ricchezza generata, mal funziona non facendo arrivare nelle tasche di Cesare; proprio quel Cesare che con la spesa ha generato e di cui ha bisogno per rifare nuova ricchezza. Magari proprio ai quei cesari emarginati che, proprio dall’emarginazione, ricevono la stimmate di avere la maggiore propensione a quella spesa che acquista proprio quel che le imprese producono.
Sic…. et sempliciter, vogliamo rivedere il funzionamento di questo meccanismo di trasferimento un po’ scemo? Eh Smith? Lei un Nobel, io no; lei può, dica a Trump come l’intera faccenda non sia solo un questione di tasse!