Il blitz di Warren Buffett su Cattolica Assicurazioni ha suscitato le reazioni più diverse. Quella più importante ha avuto certamente luogo in Borsa: il titolo della compagnia veronese ha registrato uno spettacolare +17% nella sola giornata di venerdì, all’indomani dell’annuncio dell’ingresso del fondo Berkshire al 9% come nuovo primo azionista. La performance è stata legata a rinnovate attese di trasformazione in Spa della Cattolica, unica assicurazione italiana tuttora strutturata come società cooperativa, sostanzialmente non scalabile.
Un analogo boom – in circostanze differenti e più controverse – aveva investito nel gennaio 2015 i titoli della grandi Popolari, alla vigilia del decreto di riforma varato in via autoritativa dal governo. Allora i commenti – sulla trasformazione in Spa delle grandi cooperative e sul riflesso in Borsa – erano stati molto polemici. I vertici della popolari si erano inizialmente ribellati all’iniziativa del governo Renzi e il decollo dei titoli al listino – anticipato rispetto al decreto – aveva alimentato sospetti di speculazioni spericolate e perfino indagini da parte della Consob.
Due anni dopo gli strascichi sui modi di quello scossone non si sono ancora sopiti, ma non ci sono più dubbi sulla sua opportunità oggettiva. Da allora alcune Popolari (Vicenza, Veneto, Etruria) sono fallite, dopo che – sulle due del Nordest – è stato fatto ogni tentativo di salvataggio. Altre due – le maggiori: Banco Popolare e Bpm – si sono ricapitalizzate e fuse e il mercato ha costantemente premiato la loro strategia di consolidamento e sviluppo. Nel frattempo, nessuna minaccia di scalata ostile ha neppure sfiorato BancoBpm.
Warren Buffett – che comprò il 10% di Goldman Sachs un mese dopo il fallimento di Lehman – è ora diventato il primo azionista relativo di Cattolica proprio quando la compagnia ha chiamato un nuovo top manager – l’ex Dg di Generali Alberto Minali – e si è candidata a diventare partner bancassicurativo di BancoBpm. E val la pena di ricordare che il pacchetto comprato da Berkshire è stato messo in vendita dai liquidatori della Popolare di Vicenza. La Borsa è quindi sembrata più o meno simbolicamente premiare una palingenesi: dagli sviluppi probabilmente diversi da quelli immaginati dall’opinione pubblica allargata.
Da un lato pochi, due anni fa, prevedevano che alcune grandi banche italiane potessero veramente fallire: ma anche che i dissesti, per quanto pesanti, potessero essere assorbiti, com’è poi avvenuto. D’altro canto nessuna voce ha visto nella mossa di Buffett su Cattolica un’aggressione ostile dall’estero: molte voci – la generalità – hanno invece salutato l’interesse di investitori istituzionali società italiane con prospettive di crescita (negli ultimi 12 mesi il Ftse-Mib ha guadagnato il 40% ed è in testa alla graduatoria europea).
Nel caso Cattolica ha aiutato – certamente – la presenza di un Ceo italiano su cui Buffett ha voluto effettuare una puntata moderata nell’entità, affiancandosi a due Fondazioni bancarie con piccole quote finanziarie. Per quanto solide, restano ovviamente tutte premesse. È presto per capire se la Cattolica-story è un possibile nuovo punto di equilibrio: dopo decenni di fughe in avanti da parte del mercato e – indubbiamente – di frenate eccessive da parte dei tradizionali assetti di proprietà e governance delle grandi istituzioni finanziarie italiane. La scommessa italiana dell'”Oracolo di Omaha” è invece già importante di per sé all’inizio di un invernata che si annuncia miovimentata per il rating italiano. Nel frattempo sarà curioso osservare le evoluzioni su fronti più bollenti in termini “nazionalistici”: Telecom, Mediaset e Generali, sorella maggiore di Cattolica.