L’Italia di Ventura come metafora del caos politico del Paese. Le lacrime di Buffon e il suo messaggio ai bimbi e al valore sociale che la qualificazione mondiale portava con sé per il Paese, come estremo appiglio di dignità nella serata della disfatta più amara da 60 anni a questa parte. Le responsabilità dei vertici della Federcalcio poste in relazione alla delusione di milioni di italiani quasi come contrappunto nazionalpopolare e particolarista della più globale contrapposizione fra élites e cittadini. Il direttore mi perdonerà, per una volta, l’utilizzo di un’espressione triviale, ma quando ci vuole, ci vuole: tutte cazzate. Sociologia spiccia per ammantare di significati che non ha, nient’altro che un fallimento calcistico e buttarla per l’ennesima volta in politichese da quattro soldi: non siamo riusciti a segnare un gol in 180 minuti a una nazionale di maniscalchi, oltretutto priva di Zlatan Ibrahimovic in entrambe le gare. Punto. 



Ma la cosa veramente ridicola è l’addentellato economico che si vuole legare alla non qualificazione: quanto perde l’Italia a livello di Pil? Nulla. Perde qualche introito la Federazione, perdono soldi sponsor e diritti tv, ma comunque questione marginale, argent de poche ridicolo rispetto ai veri numeri del disastro Italia, quelli contenuti nel Def e veramente legati al Pil che stranamente non compaiono sui giornali, nonostante il Documento economico sia ormai in discussione nelle Commissioni. Eppure, le cifre del “buco” causato da Ventura e soci sembrano le conseguenze del crollo di Lehman Brothers, in queste ore di delirio nazionale. Il Sole24Ore ne ha raccolte alcune: nei giorni scorsi Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente degli investitori pubblicitari dell’Upa, aveva quantificato in una percentuale compresa fra l’1 e l’1,5% l’impatto in termini di pubblicità aggiuntiva con l’Italia fra i partecipanti al Mondiale russo del prossimo anno. Di più, in generale – fra sponsorizzazioni, diritti Tv e premi Fifa – la cifra in ballo si aggira sui 100 milioni. 



Cento milioni: sapete a quanto ammonta la manovra che lo stesso Paolo Gentiloni ha definito “leggera”? Sapete quanto ha speso il governo Renzi per finanziare il Jobs Act? Sapete quanto costano le sole clausole di salvaguardia? E l’esentare certe categorie dall’innalzamento dell’età pensionabile? Non vi pare che vi prendano in giro? Vediamo qualche voce. Per Russia 2018 il totale dei contributi economici ammonterà a 790 milioni di dollari e la maggior parte di queste risorse, 400 milioni di dollari, sarà riservata alle 32 squadre che parteciperanno alla fase finale. Ciascuna di esse riceverà perciò una cosiddetta preparation fee di 1,5 milioni di dollari, mentre le 16 eliminate nella fase a gironi intascheranno comunque 8 milioni di dollari ciascuna. Passare i gironi e avviarsi verso la finale garantirà altri “gettoni” e le due finaliste potrebbero accumulare un tesoro di 38 milioni di dollari per la vincitrice e 28 per la seconda classificata. Dunque 66 milioni in tutto per le due finaliste. Insomma, un cammino fino ai quarti di finale può portare a preventivare un incasso “minimo” sui 18 milioni. 



Dunque, non passando l’altra sera e non arrivando almeno ai gironi, l’Italia ha perso 9,5 milioni circa: Leonardo Bonucci, da solo, ne prende 10 all’anno dal Milan, tanto per mettere in prospettiva il cosiddetto business del calcio. Vogliamo dire che, una volta sbarcata in Russia, l’Italia avrebbe imboccato una china stile Mundial 1982 e avrebbe vinto i Mondiali? Ok, 38 milioni più 9,5 già incassati per il passaggio del turno: grasso che cola per la Federcalcio, certo ma in un Paese dove la palla che rotola è l’unico motivo di possibile rivolta armata e dove, miracolosamente, in due ore si sono trovati – per la stessa ragione – 20 miliardi di per la banche, pensate che il tema sia davvero da vita o morte, come lo stanno ponendo alcuni dispensatori di idiozie? 

Certo, gli introiti commerciali della Figc ammontano a 43 milioni su un fatturato totale di 174 milioni, quindi un deprezzamento della voce che fa riferimento a incassi da sponsor e tv – che valgono attualmente circa 70 milioni – è rilevante, ma, ripeto, parliamo di Federcalcio, non di Pil italiano: la differenza, mi scuserete, non è proprio questione di lana caprina. Oltretutto, gran parte dei contratti – come ad esempio quello stipulato con Infront – valgono sul piano temporale e a prescindere dai risultati, così come quello tecnico con Puma: quindi, fino alla scadenza naturale degli stessi, non cambia nulla. Vogliono rescindere? Pagano le penali. Sapete a quanto è ammontato, poi, l’introito da merchandising ufficiale dell’Italia al mondiale brasiliano del 2014? Circa 2,7 milioni di euro di royalties: tre mesi di stipendio di Bonucci. Euro più, euro meno. 

Certo, l’effetto sarà potenzialmente depressivo in sede di rinnovo dei contratti della Federcalcio – attualmente ne sono in essere 21 – in vista di Qatar 2022, ma pensate che si cominci davvero a lavorare così in anticipo, con i mondiali russi distanti ancora otto mesi e ancora tutti da giocare? E poi, al netto della figuraccia, se voi foste la Puma investireste su un marchio comunque storico e d’élite del calcio come l’Italia, per quanto attualmente in disgrazia o su Islanda o Svezia? L’Italia garantisce 12 milioni di spettatori a partita, mediamente e comunque non va mai sotto gli 8 milioni: sono tante, a vostro modo di vedere, le nazionali – per quanto qualificate a Russia 2018 – a poter vantare e garantire numeri simili? Pensate che la delusione sarà tale da portare quegli 8 milioni a, diciamo, 5? O 4? Sono comunque più della media delle emergenti. 

Vogliamo parlare di spot pubblicitari e diritti tv? Gli ultimi Mondiali del 2014 hanno portato nelle casse delle concessionarie di Rai e Sky rispettivamente sui 70 e 40 milioni. Scrive il Sole 24 Ore: «A questo punto, dopo il match di ieri, l’assegnazione entrerà nel vivo per un’asta alla quale, oltre alla Rai, si è fatta avanti anche Mediaset. In palio ci sono i diritti audiovisivi delle edizioni 2018 in Russia e del 2022 in Qatar. La procedura è stata aperta a fine agosto dalla Federazione, con Mp&Silva nel ruolo di advisor. L’aggiudicazione è “full rights”: in chiaro e pay. Si vedrà però a quali cifre. Non certo i 180 milioni delle ultime edizioni». Anche in questo caso, parliamo forse di mancati introiti per l’Italia? Parliamo di Pil? E sono forse, per i soggetti interessati, cifre da default dei conti o solo da mancato introito, di fatto, calcolabile e iscrivibile a budget come una tantum, rispetto alla programmazione? 

Vogliamo parlare di pubblicità? Davvero, nell’era dei social che imperversano e profilano qualunque cosa e chiunque? Notate un particolare: una volta la prima serata iniziava alle 20.30-20.45 con il film, poi alle 23 iniziava la seconda serata degli approfondimenti. Ora la prima serata inizia non prima delle 21.20-21.45: pensate che abbiano riempito quel gap temporale di contenuto? No, hanno allungato lo stesso brodo riempiendolo di pubblicità. Sempre più frequente, sempre più lunga. E sempre più a buon mercato, quasi a prezzo di saldo, proprio per la concorrenza di un mondo delle comunicazioni completamente rivoluzionato. Stanno cercando di mettere nel paniere tutto il possibile, ma non si tratta di qualcosa di strutturale. Né, tantomeno di qualcosa che abbia a che fare con il Pil o il “prodotto Italia”. 

Pensate davvero che, a causa della mancata qualificazione, i nostri marchi di eccellenza perderanno valore sui mercati esteri? Gli oligarchi russi o gli emiri arabi non vorranno più Ferrari a causa di Ventura? Oscar Farinetti non venderà più a peso d’oro il Parmigiano Reggiano 36 mesi o il Chianti o il lardo di Colonnata ai ricchi cosmopoliti newyorchesi a causa di Candreva? Ma vi rendete conto delle idiozie di cui stiamo parlando? Chi ci perderà qualcosa sarà la Federcalcio, la quale – dopo un formale mea culpa – batterà cassa al munifico Coni che, a sua volta, si presenterà al bancomat del Parlamento, visto che il calcio agli italiani non puoi toccarlo e l’anno prossimo si vota. Siamo onesti, per favore. E pensiamo alle cifre vere del Pil: quelle contenute nel Def. Che sono più misteriose della spada magica di Excalibur.